BARZIO – Da Barzio alla Svezia, alla ricerca di opportunità. È la storia di Paolo Ceriani, 25enne originario del paese della Valsassina che, dopo la laurea triennale all’università di Milano Bicocca, si è trasferito a Stoccolma per conseguire una laurea magistrale in biomedicina alla prestigiosa Karolinska Institutet.
“La Karolinska institutet – spiega – è la settima università al mondo in ambito medico dopo gli atenei statunitensi e inglesi; una caratteristica speciale dell’università è che nell’ateneo si riunisce l’Assemblea del Nobel, il comitato che assegna il Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia, che viene annunciato proprio all’interno dell’ateneo”.
Lo studente ha spiegato da subito che il suo futuro lavoro non sarà limitato: “Ad oggi purtroppo, – ha evidenziato – si pensa che lo studio in ambito scientifico possa portare solamente a lavorare come ricercatore o insegnante, ma in realtà, quando entri nella facoltà, scopri da subito mille opportunità: nel mio caso, in futuro potrei lavorare come consulente, in ambito manageriale o come ricercatore, in accademia o per aziende farmaceutiche quali Novartis, Astrazeneca e Roche; in generale, c’è una scelta molto ampia.
Io vorrei fare il ricercatore in ambito oncologico, in particolare nell’ambito immuno-oncologico lavorando sul sistema immunitario; in un futuro meno prossimo chissà, potrei ritrovarmi nell’ambito manageriale”.
Nato e cresciuto a Barzio, Ceriani ha fatto il pendolare per frequentare il corso di laurea triennale a Milano ed è rimasto in Valsassina fino ad agosto, quando si è trasferito nella capitale svedese. Un fattore da considerare nella vita di tutti i giorni, per il 25enne, è quello del clima: “Incide non tanto per il freddo, quanto per il buio: ne ero ben conscio prima di partire, ma andarlo a vivere è diverso. Ogni giorno il sole sorge alle 8 di mattina e tramonta alle 3 del pomeriggio, per il resto è buio totale. Per molti questo può essere impattante”.
Lo studente spiega i prossimi passi: “Sono qui da 4 mesi, è ancora troppo poco per sapere davvero se ci voglia rimanere; nei miei de anni di corso sono inclusi tre progetti di ricerca, il primo, a marzo, sarà a Stoccolma, mentre dall’anno prossimo si terranno gli altri due, di cui quello valido per la tesi da gennaio a giugno. Vorrei fare questi ultimi in altri stati, magari Regno Unito o Svizzera”.
Sulla Penisola, Ceriani è categorico: “Non tornerei in Italia per lavorare: sento la lontananza da casa e dagli affetti, ma purtroppo ad oggi l’Italia non è pronta in ambito scientifico, mancano investimenti pubblici e privati e non è un panorama che attrae ricercatori e investitori. In Italia si tende ad essere “conservatori”: ad esempio, un amico bolognese, dopo esperienze all’estero, è tornato in Italia per fondare una startup ma non è stato accolto, ricevendo fiducia solo da Oxford, in Inghilterra; questo, secondo me, fa pensare a quanto non si investa davvero sui giovani, e non vedo un futuro prossimo in cui questo possa cambiare”.
La differenza, per il 25enne, si vede anche nelle università: “Ho fatto un tirocinio in Italia, a Milano Bicocca, e un’altra esperienza di 2 mesi e mezzo negli Stati Uniti: confrontandole vedo due facce della medaglia, in Italia è più complicato lavorare gestendo oculatamente i fondi disponibili, in America c’è molta più disponibilità economica”. Sul caso svedese, “la Svezia è un paese con atenei importanti in cui, a differenza dei paesi anglosassoni, non si pagano tasse universitarie e qui ci sono molte grandi aziende farmaceutiche, come l’anglo svedese Astrazeneca; a differenza del nostro paese, come accaduto durante la pandemia, gli svedesi si fidano della scienza”.
“Spero che questa mia esperienza – conclude Ceriani – possa ispirare altri giovani della provincia a superare le proprie paure: non è impossibile andare all’estero a studiare e fare le proprie esperienze, ma bisogna essere ben consapevoli delle fatiche che questo comporta. Per me è un peccato vedere tanti giovani arresi, voglio mostrare loro che c’è tanto su cui investire tempo ed energie, che possa anche essere d’aiuto alla propria comunità”.
Michele Carenini