Quaranta giorni per tornare a vivere. Mi piace definire così il tempo della quaresima. Un carissimo prete, padre e amico, aveva scelto questa frase come sintesi del cammino quaresimale che volevamo insieme vivere con le parrocchie che ci erano state affidate, a lui come parroco referente e a me come incaricato della pastorale giovanile. Questo slogan l’ho custodisco facilmente nel cuore e ad ogni inizio di quaresima affiora e porta con se sempre buoni e nuovi spunti di riflessione e suggerisce scelte da compiere per il cammino di discepolo dietro al Signore.
“Per tornare a vivere”. Quest’anno percepisco questa frase come una esortazione urgente nei tempi che viviamo per compiere scelte di vita vera e bella.
Il vangelo delle tentazioni ci fa conoscere quello che Gesù ha scelto per vivere ed aiutarci a vivere in pienezza e verità, per vivere da figli e da fratelli. Prima di iniziare il suo ministero Gesù proprio “grazie” alle tentazioni chiarisce a se stesso cosa dona vita, cosa vince il pericolo di compiere scelte che mortificano, ingannano, allontanano dalla vita vera. Lui, anche per noi, compie scelte che donano vita.
Credo che siano cose che servono a noi adulti ma ancora di più ai giovani, agli adolescenti e ai ragazzi che continuamente vengono ingannati con proposte e di stili di vita menzogneri, con promesse di gioie effimere, con ciò che divide invece di unire.
“ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Non vuole pane dalle pietre, un pane ottenuto con soluzioni miracolistiche. Preferisce il pane che ha il sapore anche della fatica, dell’impegno, il pane guadagnato con il sudore della fronte. Oggi per la vita si cercano soluzioni facili, che non richiedono impegno, sacrificio e fatica. Si mette da parte anche la dignità personale, si trascurano responsabilità pur di arrivare al risultato del pane facile. La vita vera è dono e conquista nello stesso tempo, dono dall’alto che è accolto da chi non si risparmia, da chi sceglie di mettere in gioco tutto quello che ha e che può con serietà, impegno, fedeltà, fantasia, corresponsabilità.
“Se sei figlio di Dio, dallo a vedere gettandoti giù dal punto più alto del tempio”.
E’ la tentazione della spettacolarità, del pensare che è più importante apparire che essere, che esisti solo se riconosciuto, se diventi famoso. È una tentazione che insinua i discepoli mentre cercano di esserlo credendo di assolvere al mandato della testimonianza, e dell’annuncio del vangelo. È la tentazione di stupire il mondo non per la nudità della fede, la fedeltà dell’amore, la tenacia incrollabile della speranza ma per la vistosità delle manifestazioni che le riguardano. La vita così è caratterizzata da falsità, ipocrisia. È una vita che fugge dal quotidiano, che non considera la bellezza e l’emozione di una crescita, che non riesce a fare pace con ciò che è semplice, umile, povero, con l’inevitabile normalità di giorni e giorni. E’ la scelta di costruire un castello enorme sulla sabbia piuttosto che una casetta accogliente sulla roccia. Se guardiamo a Gesù possiamo benissimo notare che ha sempre scelto il nascondimento, l’umiltà, il sussurro al grido, l’ultimo posto invece del primo, il perdersi nell’amore, il riporre la sua speranza nel Padre e in noi, e il dire “amen” con tutta la sua vita alla volontà del Padre.
“Tutte queste cose ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai”. È la tentazione del dominio, del potere. Gesù si è fatto servo: “Sono venuto per servire e non per essere servito”. Gesù vede nel potere la grande tentazione che si infiltra silenziosa anche nei rapporti quotidiani e conduce alla morte. La scelta del potere annulla la libertà, calpesta la dignità, la ricchezza delle diversità, semina morte. Chi sceglie di servire conosce la propria dignità e quella di ogni uomo, valorizza la preziosità di tutti, fa fiorire la vita in tutti, vince la morte.
Quaranta giorni per tornare a vivere davvero, a vivere bene, insieme, con gioia…e per non morire più.
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Don Stefano Colombo
Casa Paolo VI – Concenedo