VALSASSINA – Luci ed ombre del turismo in Valsassina, con l’analisi dei percorsi intrapresi dalle realtà del territorio, delle criticità e delle possibili soluzioni. È questo il cuore della tesi accademica di Mattia Orsini, 22enne di San Donato Milanese che si è laureato con lode nel corso triennale di Urbanistica al Politecnico di Milano.
“Fin dalle medie – racconta Orsini – avevo dimostrato una passione per le dinamiche in ambito urbano e territoriale, questo mi ha portato a scegliere la facoltà di Urbanistica. I fine settimana che ho trascorso durante tutta la mia infanzia e l’adolescenza in Valsassina, a Casargo, dove ho una seconda casa, mi hanno aiutato nel momento in cui ho dovuto scegliere l’oggetto della tesi: ho deciso quindi di riprendere la confidenza con il territorio che avevo un po’ perso, sia a causa della pandemia sia per diversi interessi e impegni accademici”.
Secondo la tesi del giovane milanese, in Valsassina spiccano quattro principali forme di turismo: “Il turismo di massa, che vede in Varenna il paradigma locale dell’overtourism, è quel turismo diffuso sull’asse della riviera e che vede un epicentro a Varenna e Perledo, ma anche fenomeni sempre più aggressivi risalendo l’Alto Lago. Il turismo sportivo, sempre più centrale all’interno del panorama locale grazie anche alla eterogeneità e diversità di attività praticabili. Un nuovo turismo lento di matrice culturale ed enogastronomica, sempre più centrale negli ultimi anni, rinato in seguito al recupero del Sentiero del viandante; un turismo di nicchia, che però si sta diffondendo sempre di più nell’entroterra delle valli. Infine il classico turismo di villeggiatura, che in virtù di cambiamenti delle preferenze dei consumatori, a livello di dinamiche turistiche generali e di politiche del passato in alcuni casi poco lungimiranti, appare oggi in crisi”.
Per Orsini, il turismo di massa e quello di villeggiatura, contrapposti alle opportunità delle nuove forme di fruizione, si configurano come “minacce” per il territorio; un approfondimento nel merito è stato fatto sul caso dell’Eurovillaggio di Casargo, complesso simbolo della villeggiatura degli anni ’60 che negli anni più recenti ha visto un’inevitabile declino a causa della progressiva riduzione dei villeggianti ed ora si trova in uno stato di sostanziale abbandono.
“L’Eurovillaggio è per eccellenza la risposta del comparto turistico residenziale alla crisi della villeggiatura. Sul territorio ho riconosciuto anche un’altra serie di piccoli casi, differenti da quelli nelle valli bergamasche dove si hanno in quasi ogni località tanti “Eurovillaggi”; ad esempio, sempre vicino all’Eurovillaggio, c’è il Villaggio san Carlo, oppure più esempi in scala ridotta sul Monte Legnoncino e nell’area di Esino”.
Sotto la lente del giovane laureato anche gli esempi positivi di turismo: “Riguardo il turismo lento, ad oggi il Sentiero del Viandante rappresenta un’infrastruttura che sta già raggiungendo una maturità, quindi, secondo me, non vi è una priorità nel consolidarlo a livello di finanziamenti e di progettualità perché sta funzionando bene; ovviamente bisogna valorizzarlo e continuare l’operazione già intrapresa.
Approfondendo il paradigma del turismo culturale, ho riconosciuto la Valvarrone come uno scrigno di patrimoni culturali per il turismo lento, che rispondono a questa nuova domanda.
Si tratta di una valle difficile dal punto di vista dell’accessibilità, soprattutto per la storica divisione tra il Monte Introzzo e l’area di Pagnona e Premana. La prima area presenta una serie di fonti di attrattività che ad oggi non sono particolarmente un prodotto turistico, però con una diversificazione davvero interessante, quasi unica a livello territoriale. Un esempio interessante è il progetto della riapertura delle Miniere di Lentrèe.
Dall’altro lato vi sono l’Alta Valvarrone e le Valle di Premana, con l’ecosistema territoriale premanese che è davvero un unicum, non solo a livello territoriale, ma forse anche in gran parte delle Orobie.
Ad oggi però, il turismo non giornaliero, ma che si associa agli esercizi ricettivi, è poco presente: le presenze sono davvero basse, una quota irrisoria se comparata con il resto della Comunità montana. Ed è qui che si hanno le maggiori potenzialità, perché essendoci le basi in termini di dotazioni turistiche, ma non essendoci una particolare offerta, c’è molto spazio per lavorare”.
Il giovane di San Donato ha espresso il proprio pensiero sulle progettualità portate avanti dalla politica per il turismo nella Valle: “Realtà come le Reti di imprese non sono banali, soprattutto considerato che siamo in un territorio di piccole realtà, dove creare progettualità è più difficile. Io ho riconosciuto un’innovazione nel pensare di gestire il turismo da parte delle imprese stesse; si tratta però di un’esperienza che ancora fatica ad avere quella diffusione sul territorio e quindi anche quell’effetto positivo per il quale invece è stata pensata. Aumentando il numero di partecipanti e includendo per esempio le amministrazioni si complica il livello di gestione territoriale, per cui ad oggi la rete fatica a ragionare in questo senso; però dal punto di vista del modello di funzionamento penso che sia un buon punto di partenza”.
“Per il progetto Winter and Summer Alta Valsassina – ha dichiarato – bisogna riconoscere che le amministrazioni comunali sono riuscite a attrarre l’attenzione della Regione e soprattutto i finanziamenti per un progetto, quindi ci saranno certamente esternalità positive. È necessario però considerare che possa non essere il progetto più adatto al territorio; si tratta dell’ampliamento di un comprensorio sciistico che si trova a 15 chilometri da uno ben più grande e ben più attrattivo, quello dei Piani di Bobbio. Si tratta poi di un comprensorio che nella parte più bassa arriva a 1.400 metri d’altitudine: l’usufruibilità delle piste dipende dall’andamento della stagione in termini di innevamento”.
“La politica pensa che, con il rilancio territoriale attraverso questo progetto, le criticità si aggiustino di conseguenza: in termini di seconde case l’amministrazione di Casargo ha pensato che con l’ampliamento delle piste di Pian delle Betulle possa ritornare quel turismo di villeggiatura e quindi possano essere riabitati l’Eurovillaggio e le seconde case, però bisogna considerare che è cambiato il modello di turismo di villeggiatura e che il turista non ricerca più le lunghe permanenze di questo tipo”.
Riguardo il ruolo dei singoli Comuni, per Orsini le difficoltà sono tangibili nelle realtà più ridotte: “Il problema sussiste nelle valli secondarie o comunque nei comuni più piccoli, ma questa è una tendenza generale delle aree montane. Le maggiori difficoltà, infatti, non sono a Colico o a Bellano, ma in gran parte sono proprio a Casargo, a Margno, a Parlasco, in Valvarrone… In quel senso penso che l’associazionismo sia non la soluzione, ma uno strumento utile per unire i piccoli comuni; a indebolire queste realtà è proprio la presenza di una frammentazione a livello attoriale, ma soprattutto a livello di istituzioni, che si associa spesso con dei veri e propri campanilismi territoriali”.
Michele Carenini