BARZIO – Diciannove serate tra Valsassina e Valvarrone, dieci organi per altrettante chiese, una trentina di musicisti, tre cori, una masterclass. Chiude così la 45esima Rassegna organistica valsassinese con la riconoscenza di tantissimo pubblico che per tutta l’estate ha potuto apprezzare e riscoprire i preziosi strumenti nascosti nelle nostre chiese godendo della musica di straordinari interpreti.
Caratterizzata da tanti ospiti internazionali – inaugurata dal Bratislava Boys Choir, chiusa da Maxime Patel, passando dal docente della masterclass Ben Van Oosten -, la Rassegna dell’estate 2016 ha portato in Valle importanti figure del panorama organistico italiano senza togliere spazio a profili artistici legati al territorio lecchese.
Un incontro di realtà musicali ben accolto dal pubblico sempre attento della Rassegna, a cui vanno i ringraziamenti dell’organizzazione non solo per l’assiduità con cui segue i concerti ma anche per il sostegno dimostrato con le donazioni alla fine di ogni serata, un aiuto prezioso per una manifestazione che regala al territorio una notevole visibilità e si regge ormai da anni sulle forze delle sole parrocchie e degli sponsor.
Traguardo importante quello dei 45 anni cui il merito va innanzitutto al direttore artistico della Rassegna Daniele Invernizzi e a don Lucio Galbiati, dietro ai quali vi è però una importante macchina organizzativa che dagli amministratori ai parroci arriva ai tanti collaboratori indispensabili per la riuscita di un evento prestigioso e in continua crescita, grazie alla capacità di rinnovarsi dimostrata anche in questa ultima -ma solo fino alla prossima- edizione.
Una grande conclusione, verso una musica che non finisce mai
Una conclusione: come tutte le conclusioni, un po’ di malinconia può sorgere. È naturale, fa parte dell’essere umano. Tuttavia, la musica non finisce mai, e, come ho detto anche altre volte, continua a risuonare in noi anche dopo che l’ultima nota ha finito di emettere qualcosa di udibile nell’aria. Questa è la grandezza della musica: diviene suono interiore, diviene quell’energia che trascina tutta la vita, che può dare davvero senso al divenire.
La conclusione di questa 45a Rassegna Organistica Valsassinese è, credo, proprio in linea con questo sentire: è una fine di qualcosa, ma che apre a tanti inizi possibili, e a tanta musica dentro di noi: non fosse che per la voglia di approfondire gli orizzonti musicali che questi due straordinari (e non esagero di sicuro!) concerti ci hanno saputo offrire.
Due concerti che, come tutte le conclusioni, offrono quasi un “riepilogo”, un modo per ripensare al passato, per proseguire, poi, verso il futuro, che, nella musica, capace di superare spazio e tempo, è già presente. Nei due concerti del 26 e 27 agosto, abbiamo potuto assistere ad un viaggio nella Musica Organistica (e non solo: vedremo a breve perché), dal Barocco al Presente. Un viaggio, che è stato, anche, un viaggio dentro di noi, nel quale le note risuonate nell’aria hanno saputo muovere quegli orizzonti sonori che ognuno di noi porta dentro di sé, aprendo a nuove dimensioni della percezione, e proiettandoci quindi verso il futuro dell’armonia, che abbiamo potuto, in un istante, toccare con mano.
L’esecutore, Maxime Patel, ha saputo coinvolgerci, sicuramente stupirci per la sua grandissima tecnica, ma anche per la sua capacità di far “parlare” l’Organo, di farlo diventare la sua voce, la sua voglia di fare musica, di ricercare nuovi suoni, anche in brani che non sono stati originariamente composti per questo strumento. Riuscendo, però, ad evidenziare la sonorità organistica, affermando quello che stava utilizzando, e conferendo anche a brani non organistici quel qualcosa in più che l’Organo, in questo caso capace di risuonare come un’orchestra, può donare.
Il viaggio, denominato non a caso “Panorama Organistico” (il panorama è anche un guardare dall’alto, quasi volando sopra la Musica) si è aperto, il 26, con un programma dal titolo “Da Scarlatti a Clementi”. Un percorso che, attraverso il Barocco, ci ha portati al Classicismo. Evidenziando anche quel passaggio tra le due epoche, che in Carl Philipp Emmanuel Bach ha avuto la sua più chiara esplicazione.
Si inizia con Johann Adam Reincken e Alessandro Scarlatti. Due lunghi brani, una “Fantasia sul Salmo 147” il primo e una “Toccata e Variazioni sulla Follia di Spagna” per il secondo. Due mondi musicali diversi, due diverse collocazioni geografiche, che la musica ha unito, e ha portato qui, nel momento presente. Brani nei quali è stata esplorata la sonorità dell’organo, nei tre organi presenti (Positivo, Grand’Organo e Organo Eco), facendo risaltare al meglio l’espressività e anche il virtuosismo dei due brani.
Poi si passa a Johann Sebastian Bach. Un autore che non poteva mancare, e che viene da alcuni definito “il più moderno degli antichi, e il più antico dei moderni”. Barocco per eccellenza, questo autore apre però a nuove sonorità, e anticipa, in qualche modo, nuove espressioni musicali.
Le Triosonate, delle quali è stata presentata la numero 6, sono brani particolarmente impegnativi: infatti, sono a tre voci completamente indipendenti; di conseguenza, il pedale viene utilizzato come se fosse una tastiera. La Triosonata numero 6, l’ultima, in sol maggiore, presenta due movimenti veloci e luminosi, intervallati da un movimento centrale più lento e meditativo. Qui, il virtuosismo dell’esecutore ha potuto mostrarsi in pieno. Un virtuosismo, comunque, non avulso dall’espressività, e di conseguenza utilizzato come mezzo per comunicare musica.
Poi si cambia scenario, ma non epoca, ed eccoci a Domenico Scarlatti, figlio del già ascoltato Alessandro, che, con il padre, è probabilmente l’autore principale della cosiddetta Scuola Barocca Napoletana.
Vengono presentate quattro sonate, di cui tre per soli manuali. Infatti sono brani cembalistici, adattati per organo dallo stesso Maxime Patel. Qui, l’esecutore è stato sicuramente molto bravo, seppur nel rispetto del brano, a far risaltare la sonorità organistica, trasformando i brani in qualcosa di davvero particolare. Nel quarto brano proposto, la Sonata in La Maggiore K 113, Patel ha anche introdotto l’uso della pedaliera, che ha conferito quel “panorama sonoro” in più, capace di rendere il brano qualcosa di memorabile.
Poi è la volta del citato Carl Philipp Emanuel Bach, forse il più noto tra i quattro figli musicisti di Johann Sebastian Bach. Carl Philipp Emmanuel rappresenta, nella sua musica, il passaggio tra mondi musicali, ed è stato definito anche “sul declivio tra un mondo musicale che tramonta e un mondo musicale che sorge”.
Nella “Sonata in re minore Wq 69 H53” (Vale a dire numero 69 nella catalogazione di Alfred Wotquenne e 53 in quella di Eugene Helm) tutto questo è stato decisamente evidente. Ad elementi barocchi cominciavano ad affiancarsi elementi di quel classicismo che ormai stava nascendo, e che avrebbe visto nella musica di autiori Johann Christian Bach, altro figlio musicista di Johan Sebastian e amico di Mozart, il suo pieno compimento.
La prima serata si conclude con Clementi, e un’altra sonata pianistica, in sol maggiore. Anche qui Maxime Patel ha saputo rendere l’espressione pianistica in chiave organistica, aggiungendo ma non togliendo, sfruttando in questo le belle sonorità dell’organo.
La prima serata si conclude così, lasciando aperta la porta per qualcosa di davvero speciale, che, personalmente, non vedevo l’ora di poter vivere.
Poche ore di attesa, e siamo ancora lì, alle 19, nella Chiesa di Barzio, per concludere davvero in maniera grandiosa questa Rassegna Organistica. Ad ascoltare Maxime Patel anche il padre dell’imponente strumento di Sant’Alessandro, l’organaro Andrea Mascioni.
La seconda parte del viaggio ci porta da Liszt ai nostri giorni. Attraversa, quindi, il Romanticismo e il Post Romanticismo, per arrivare a quelle sonorità che aprono ai divenire della Musica.
L’atmosfera è magica sin dall’inizio, e ci si aspetta sicuramente qualcosa di grandioso. Le aspettative saranno pienamente soddisfatte, in un concerto che ha saputo stupirci, forse addirittura strabiliarsi. Un concerto dove Maxime Patel ha dato prova di un virtuosismo al di là di ogni immaginazione, dimostrando di potere davvero spingere la tecnica organistica ai massimi livelli. Senza mai rinunciare a quell’espressione che, come dicevo, vede la tecnica come mezzo per far davvero parlare lo strumento, e la musica stessa. Il carattere di serata speciale, di atmosfera magica, appare anche dal fatto che ogni pezzo viene spiegato da Daniele Invernizzi, Direttore Artistico della Rassegna Organistica. Evidenziandone particolarità e caratteristiche.
Si apre con Mendelssohn, e con la sua Sonata numero 5 in re Maggiore (op 65 numero 5). Questa sonata fa parte di un ciclo di 6 sonate per organo. Sonate che toccano vette molto alte di tecnica organistica, e nelle quali sono presenti anche tutte le difficoltà pianistiche. Questa sonata, in tre tempi, ha dato modo a Patel di utilizzare le belle sonorità dell’Organo Mascioni di Barzio per dare pieno risalto all’espressività della sonata.
Poi si passa a Ferenc Listz (il suo nome è stato poi reso nel tedesco e più noto “Franz”), con la Fantasia e Fuga su “Ad nos ad Salutarem Undam”. In questo brano, di straordinaria difficoltà, l’esecutore ha avuto modo di far risuonare appieno l’Organo, mostrando un grandissimo virtuosismo, sia per la pedaliera che per i manuali. Un brano che cambiava carattere molte volte, di grandissima espressione, pienamente evidenziata da un’esecuzione che ha saputo valorizzarlo al meglio.
La conclusione è tutta francese. Quella terra che ha saputo donare molto alla musica organistica, e alla musica in generale. Quella terra dove le nuove sonorità. Nella maggior parte dei casi, non hanno mai “rotto” del tutto con il tessuto tonale classico, ma hanno, piuttosto, “aggiunto” qualcosa in più.
Si parte con Louis Vierne, con cui si “entra” nel 900. Organista a Notre Dame a Parigi, allievo Charles Marie Widor, Vierne ha saputo portare la Musica Organistica Francese ad altissimi livelli. Il brano proposto, “Les Esprits de la Nuit” (Gli Spiriti della Notte) è sicuramente un brano onirico, dove le sonorità vogliono esprimere una sorta di “danza degli spiriti”, con atmosfere notturne e suggestive.
Poi si passa a Marcel Dupré, anch’egli allievo di Widor, e Organista presso la Chiesa di Saint Sulpice a Parigi. Di questo autore è stato proposto il “Preludio e Fuga in sol minore op 7”. Una composizione la cui pubblicazione, come ricordato da Daniele Invernizzi, era stata rifiutata perché giudicata di fatto “ineseguibile”: infatti, tecniocamente era giudicata troppo impegnativa.
Maxim Patel dimostra invece di poterla eseguire molto bene, evidenziandone tutta la bellezza timbrica.
La conclusione è del tutto “contemporanea”, e “sconfina” sicuramente nell’attuale Ventunesimo Secolo, lasciando intravvedere l’arte organistica che verrà.
Un finale tutto “al femminile”: vengono eseguiti, infatti, brani di compositrici donne. La prima di queste, Rolande Falcinelli (1920 – 2006) è stata insegnante di Maxime Patel.
La sua “Scaramuccia” è uno studio sui trilli. Uno studio definito “di esecuzione trascendentale”. Ascoltandolo, ed osservando l’organista, si capisce perché: i trilli ne sono la caratteristica principale. Trilli che vengono eseguiti, in maniera continua, anche sulla pedaliera. Il tutto fornisce un effetto timbrico di grande interesse, di “continuo movimento”, che forse ricerca una quiete, una staticità, senza trovarla: ma, in fondo, un moto molto veloce potrebbe corrispondere ad una stasi, almeno da un punto di vista percettivo. Il brano appare come un’”onda” di musica che si propaga, senza sosta.
Poi, due brani di Jeanne Demessieux, grande virtuosa organistica, docente al Conservatorio di Nancy e di Liegi, morta a soli 47 anni. Questa compositrice ha saputo spingere la tecnico organistica a livelli forse impensabili, nei quali la pedaliera lavora esattamente come i manuali. I suoi “Six Studes Op 5” (Sei studi Op 5) lavorano ciascuno su delle strutture o degli intervalli musicali. Sono brani di difficoltà straordinaria, dove la pedaliera è obbligata a sequenze di note quasi impensabili. Maxime Patel propone lo studio numero 3, sulle Seste, ed il numero 6, sulle Ottave. Qui la pedaliera lavora in maniera continua, sempre in maniera “doppia” (quindi con entrambi i piedi: tecnicamente, si dice “doppio pedale”), per seste nel primo caso, per ottave nel secondo. Una sonorità travolgente, che trasporta e trascina, verso nuovi orizzonti musicali, e forse davvero verso il futuro della sonorità.
Si termina nel presente, che diventa futuro. Vale a dire, con l’autore stesso, con quell’improvvisazione tanto cara alla Scuola Organistica Francese. Su uno spunto evangelico, proposto da Don Lucio, Parroco di Barzio, Patel inizia a volteggiare sulla tastiera e sulla pedaliera, con quell’improvvisazione modale molto amata nella Scuola Francese. Un vortice di note che ci porta ad una degna conclusione di un momento speciale. E che, davvero, ci dice che la musica non finisce mai.
Poi, spazio alla gioia, ad una davvero notevole “Cena di Gala”, presso il Ristorante Esposito. Nella quale la “Musica”, di fatto, continua, nell’armonia, grazie anche alla presenza di Maxime Patel. E ci dice che la Musica è qualcosa di speciale, sempre, a tutti i livelli. Può davvero creare coesione, annullare separazioni, distanze, portare tutto nel qui ed ora. Può fondere insieme epoche storiche, farle parlare a distanza, come se fossero tutte nel presente.
E può, come dicevo, farci volare verso il futuro. In questo caso, verso tanta altra Musica meravigliosa, che ci attenderà. E verso la prossima Rassegna Organistica. Che saprà, sicuramente, regalarci ancora qualcosa di speciale, come questa ci ha regalato. Anche nella sua spettacolare conclusione.
Contributo esterno di Sergio Ragaini