BARZIO – Si inaugura oggi una nuova rubrica di VN dedicata a “ritratti” di personaggi valsassinesi o che con la Valle hanno a che fare per motivi diversi.
La prima “biografia per testi e immagini” riguarda una giovane direttrice di struttura, Veronica Bonicalzi che guida dallo scorso anno la Casa Sant’Antonio di Barzio.
A lei lo spazio per un autoritratto corredato da foto che documentano non tanto o solo la persona quanto l’attività svolta in Altopiano da questa giovane professionista, originaria di Busto Arsizio e molto appassionata del suo lavoro.
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Se dovessi fare un ritratto di me, mi descriverei come una persona che ha sempre cercato una strada che sentisse sua, e l’ha trovata nel rapporto con gli anziani.
Tanti anni fa, era il ’96, ho iniziato a far volontariato in una casa di riposo di Gallarate, e ho sentito che non era un peso andare con costanza a trovare gli anziani, ma qualcosa che mi apriva al mondo e alla vita stessa.
Da quel momento ho capito che pur facendo parte di una famiglia che aveva un’attività già avviata di pavimenti e cucine, non potevo non sentire che il cuore mi spingesse altrove. Ho studiato psicologia e mi sono poi specializzata in psicogeriatria.
Ho provato a lavorare con i miei genitori ma ero “grigia”, perché sentivo che la mia strada era altrove. Nel 2010 ho iniziato a dirigere la RSA “Centro polifunzionale per la terza età” di Busto Arsizio e nel 2015 mi è stata data la possibilità di entrare nella direzione della casa San Antonio di Barzio.
Esperienza totalmente nuova per me, difficile perché ogni inizio porta con se’ delle sfide, sia lavorative che emotive e psicologiche. Venendo a Barzio uno o due giorni a settimana ho per ora la difficoltà a instaurare un rapporto più approfondito con ospiti e operatori, e questo sento che sarà il mio prossimo obiettivo: a volte sai che vuoi andare oltre la burocrazia, ma non sempre si ha la possibilità di fare quello che si sente sia giusto fare. Ma accadrà, lo voglio e lo otterrò (!!) perché mi sentirei mancare di un pezzo altrimenti.
Quando mi chiedono “che cosa fai?” Non dico subito “il direttore di struttura” ma “lavoro con gli anziani”. Me lo hanno fatto notare perché “stonava” un po’, a parere di chi mi era vicino, con tutto quello che ogni giorno da sei anni della mia vita faccio: “non è che lavori “solo” con gli anziani, segui tante cose della vita delle struttura e guardi ogni particolare, non devi essere modesta”.
Questo mi dice chi vede e sente quanto faccio e voglio fare ogni giorno (e chi mi vuole bene!)…
Non mi sento migliore di altri, perché sento che il lavoro che faccio è la sola cosa che vorrei fare. A volte devo accettare realtà e modi di vivere/vedere/considerare il lavoro che non appartengono alla mia persona: ma questo accade per ogni lavoro, non viviamo in un mondo ideale e prima o poi dobbiamo crescere anche da questo punto di vista.
A Barzio ho conosciuto una nuova realtà, in cui sono presenti anche due suore che hanno accompagnato la “Casa” per quanto concerne la vita spirituale: religione, spiritualità e tradizione si sono unite allora a tutto ciò che gli organismi di vigilanza ci chiedono.
Credo che quando hai a che fare con tante persone, siano esse gli ospiti, gli operatori, i parenti, le suore, non puoi essere “solo” un direttore: tutto perderebbe di calore e senso.
Spero di poter avere sempre la possibilità di fare questo lavoro perché fa parte della mia vita, e il mondo della fragilità mi “rimbomba” dentro e non posso non ascoltarne il richiamo.
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