COMUNITÀ MONTANA: RICORSO AL TAR RESPINTO, ANCORA “BRUCIATI” I 5,5, MILIONI DEL BANDO GAL. SI VA AL CONSIGLIO DI STATO



MILANO – Il Tar lombardo ha respinto tutti i ricorsi intentati contro la graduatoria di Regione Lombardia per i finanziamenti dei Piani di sviluppo locale; di conseguenza, i famosi 5,5 milionI di euro assegnati in prima istanza al progetto “Gal dei Due Laghi” avanzato dalla Comunità Montana Valsassina, Valvarrone, Val D’Esino e Riviera rimangono “persi” – salvo l’ulteriore istanza, questa volta al Consiglio di Stato, che verrà certamente avanzata dalla Fornace.

Di seguito la sentenza della Prima Sezione del Tribunale Amministrativo Regionale che “ghiaccia” le aspettative della CM:

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 79 del 2017, proposto da:
Comunità Montana Valsassina – Valvarrone – Val D’Esino e Riviera (Ente Capofila), Gal dei Due Laghi – Società Consortile A Responsabilità Limitata, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dall’avvocato Giuseppe Gianni’, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, c.so Monforte, 21;

contro

Regione Lombardia, rappresentata e difesa dall’avvocato Piera Pujatti, con domicilio eletto presso la sede dell’avvocatura regionale in Milano, piazza Città di Lombardia, 1;

nei confronti di

Parco Regionale del Mincio, Provincia di Cremona, non costituitisi in giudizio;
Comunità Montana Lario Orientale – Valle San Martino, Gal Quattro Parchi Lecco-Brianza Società Consortile A Responsabilità Limitata, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati Enzo Robaldo e Pietro Ferraris, con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, piazza Eleonora Duse, 4;

e con l’intervento di

ad opponendum:
Parco dei Colli di Bergamo in proprio e quale Capofila del Partenariato Gal dei Colli di Bergamo e del Canto Alto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato Anna Laura Ferrario, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Vincenzo Monti, 41;

per l’annullamento

i) del decreto n. 10967, emesso il 3.11.2016 dalla Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia, a mezzo del quale si approvavano gli esiti istruttori relativi alla costituzione dei GAL, comprensivo dell’All.1 (elenco società costituite in conformità alle disposizioni di cui al decreto n. 6547 del 31 luglio 2015), dell’All.2 (elenco società costituite non conformi alle disposizioni di cui al decreto n. 6547 del 31 luglio 2015) e dell’All.3 (domande ammesse a finanziamento da scorrimento graduatoria), nella parte in cui esclude GAL dei due laghi dall’elenco delle società ammesse al finanziamento;

ii) della nota prot. n. 87237 del 13.09.2016 della Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia;

iii) di ogni altro atto presupposto, preordinato, conseguente e/o connesso, ancorché non noto.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lombardia e di Comunità Montana Lario Orientale – Valle San Martino e di Gal Quattro Parchi Lecco-Brianza Società Consortile A Responsabilità Limitata;

Visto l’atto di intervento ad opponendum di Parco dei Colli di Bergamo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 maggio 2017 la dott.ssa Elena Quadri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con il presente gravame parte ricorrente ha impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe, con i quali, dopo essere stata collocata in ottava posizione, dunque fra i dieci soggetti i cui progetti erano stati ritenuti potenzialmente finanziabili, è stata disposta la sua esclusione dall’elenco delle società ammesse al finanziamento di sostegno al programma di sviluppo rurale della Lombardia 2014 – 2020 per la violazione dell’art. 32, par. 2, lett. b), del Regolamento UE n. 1303/2013 “Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio”.

Deve premettersi in fatto che, con Decreto Dirigenziale D.d.u.o. 31 luglio 2015 n. 6547, la Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia, in attuazione della Misura 19, ha approvato le disposizioni finalizzate a selezionare i Piani di Sviluppo Locale (PSL) e i Gruppi di Azione Locale (GAL), che attueranno le “strategie di sviluppo locale di tipo partecipativo” nell’ambito dell’approccio Leader, riferimento essenziale nella costruzione degli interventi concertati, che comportano il principio di “sviluppo locale di tipo partecipativo” (CLLD), strumento in grado di accompagnare e sostenere le comunità rurali, la cultura rurale, l’imprenditorialità rurale intesa come diffusione della cultura di impresa, dell’innovazione e della diversificazione, nel superamento dei vincoli tipici di aree rurali che ostacolano la crescita di sistema.

Con la misura 19 si è inteso favorire la costituzione e il rafforzamento dei partenariati locali, capaci di implementare piani e progetti integrati di sviluppo socio economico e territoriale, costruiti intorno a temi legati alle identità, ai valori, ai bisogni delle imprese e delle persone e alle risorse di ogni territorio, che vedano la partecipazione degli attori locali, in grado di dare un contributo allo sviluppo equilibrato e sostenibile di ogni territorio.

L’Allegato 1 al citato decreto contiene la descrizione del PSR e della Misura 19 e stabilisce le condizioni per la presentazione e l’istruttoria delle domande di contributo economico, nonché i criteri di valutazione e selezione dei PSL.

Sarebbero stati ammessi, quindi, a presentare istanza di finanziamento soggetti pubblici e privati, che avessero espresso gli interessi del territorio, rappresentati da un capofila, affidando, dunque, il ruolo operativo ad un Gruppo di azione locale (GAL), costituendo, in sostanza, un’aggregazione di soggetti pubblici e privati ai fini dello sviluppo di aree rurali.

Il decreto regionale n. 6547 del 31.7.2015 prevedeva che l’ammissibilità al finanziamento dei singoli piani di sviluppo locale (PSL) fosse subordinata alla verifica da parte degli uffici che i cd Gruppi di azione locale (GAL) fossero costituiti entro 60 giorni dalla pubblicazione della graduatoria sul BURL e avessero le caratteristiche di cui all’art. 32, paragrafo 2, lett. b) del reg. UE n. 1303/2013, pena la decadenza dal finanziamento.

Con nota della DG Agricoltura prot. n. 87237 del 13.9.2016 si specificava che le società costituende erano vincolate al rispetto di quanto previsto all’art. 32, paragrafo 2, lett. b) del reg. UE n. 1303/2013; pertanto né le autorità pubbliche né alcun singolo gruppo di interesse avrebbe potuto rappresentare più del 49% degli aventi diritto al voto e l’incidenza dei soci pubblici non sarebbe potuta essere per una percentuale maggiore del 49%, mentre per quanto riguarda la compagine sociale dei privati nessun socio avrebbe potuto detenere singolarmente più del 49% dei voti.

Dall’analisi della documentazione pervenuta dagli interessati, risultava che la società costituita dal GAL dei due laghi (società consortile a r.l.) prevedeva una compagine sociale nella quale la parte pubblica deteneva il 60% del capitale e precisamente:

– 30% Comunità montana Valsassina- Valvarrone – Val d’Esino e Riviera;

– 30% Comunità montana Valli del Lario e del Ceresio.

Tanto premesso, parte ricorrente veniva esclusa dal finanziamento.

A fondamento del proprio ricorso proposto avverso tale decisione, l’istante ha dedotto i seguenti due motivi di diritto:

Illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 par. 2 lett b), 33, 34 e 35 del Reg. UE n. 1303/13, degli artt. 42, 43 e 44 del Reg. UE 1305/2013, nonché della legge di gara — art. 10 delle disposizioni attuative per la presentazione dei piani di sviluppo locale —. Illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione e/o falsa applicazione del combinato normativo in materia di partenariato pubblico-privato disposto dagli artt. 3 par. 24 del Reg. UE n. 1303/13, 3 comma 15 ter del D.lgs. 163/2006 e 180 del D.lgs. n. 50/2016. Illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’attività della Pubblica Amministrazione. Illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione del principio comunitario del divieto di discriminazione tra operatori economici. Illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione dell’art. 11 del codice civile. Illegittimità dei provvedimenti impugnati per eccesso di potere sotto il profilo della istruttoria lacunosa e sotto il profilo dello sviamento della causa tipica;

Illegittimità della nota prot. n. 87237 del 13.09.2016 della Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia per violazione del principio di immutabilità del bando di gara. Per l’effetto, illegittimità, in via derivata, del provvedimento impugnato — decreto n. 10967, emesso il 3.11.2016 dalla Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia — che ha inserito il GAL dei due laghi tra le società costituite con esito istruttorio negativo per le quali si disponeva la decadenza dal finanziamento. In ogni caso, illegittimità della nota interpretativa prot. n. 87237 del 13.09.2016 della Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia per eccesso di potere sotto il profilo dell’istruttoria insufficiente.

Si sono costituiti in giudizio la regione Lombardia e la controinteressata Comunità Montana Lario Orientale – Valle San Martino, Gal Quattro Parchi Lecco-Brianza Società Consortile a Responsabilità Limitata, chiedendo la reiezione del gravame per infondatezza nel merito.

Ha presentato atto di intervento ad opponendum Parco dei Colli di Bergamo in proprio e quale Capofila del Partenariato Gal dei Colli di Bergamo e del Canto Alto, a sostegno delle tesi delle parti resistenti, intervento del quale parte ricorrente ha eccepito l’inammissibilità.

Con ordinanza n. 230/2017 del 15 febbraio 2017 la sezione ha respinto l’istanza cautelare formulata dall’istante.

Tale ordinanza è stata riformata dal giudice di appello con ordinanza n. 1680/2017 del 21 aprile 2017 nei limiti dell’accantonamento di una somma pari alla pretesa degli odierni appellanti fino alla definizione della causa nel merito in primo grado, possibilmente alla stessa udienza che era stata già fissata per cause aventi oggetto analogo. A tal fine, le parti hanno rinunciato ai termini a difesa e il ricorso è stato fissato per la trattazione nel merito all’udienza pubblica del 17 maggio 2017, nel corso del quale, dopo una approfondita discussione, è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Deve, in via preliminare, esaminarsi l’eccezione di inammissibilità dell’atto di intervento ad opponendum, sollevata in sede di discussione da parte ricorrente.

Più specificamente, a parere dell’istante il Parco dei Colli non rivestirebbe la posizione di controinteressato formale pretermesso, non essendo inserito nella graduatoria dei progetti finanziabili (che erano i primi dieci), bensì solo in quattordicesima posizione, dunque al quarto posto fra quelli esclusi dal finanziamento.

Deve premettersi che il Parco dei Colli di Bergamo con il ricorso N.R.G. 2613/2016 e successivi motivi aggiunti ha impugnato innanzi a questo Tribunale il d.u.o. 2.8.2016 n. 7509/2016 e il d.d.s. 3.11.2016 n. 10967, censurando la sua errata collocazione in graduatoria anche in relazione alla formulazione, da parte del Comitato di Valutazione preposto all’esame delle domande di ammissione e dei progetti di PSL, di criteri di giudizio in via postuma.

Il d.d.s 10967/2016 ha, peraltro, determinato lo scorrimento della graduatoria a motivo della esclusione del primo, settimo e ottavo graduato (che hanno impugnato tali esclusioni, rispettivamente, con i ricorsi N.R.G .285/2017, 284/2017 e 79/2017), collocando Parco dei Colli all’undicesimo posto (a fronte dell’iniziale quattordicesimo posto), dunque quale primo non collocatosi in posizione utile per il finanziamento.

Ciononostante, Parco dei Colli non ha ricevuto in notifica il ricorso in epigrafe, pur essendone, a parere del Collegio, direttamente controinteressato, atteso che, nella complessa vertenza, un denegato accoglimento del ricorso proposto dall’odierna parte ricorrente Comunità Montana e Gal dei Due Laghi, nonché degli altri due soggetti dichiarati decaduti dal finanziamento – le cui censure sono sostanzialmente analoghe a quelle dedotte in questa sede – potrebbe incidere sulla sua posizione in graduatoria. In tal senso Parco dei Colli ha la legittimazione ad intervenire ad opponendum, ai sensi dell’art. 28, comma 1, c.p.a.

L’eccezione deve, dunque, essere disattesa.

Nel merito, parte ricorrente sostiene, sostanzialmente, che la salvaguardia dell’incidenza della componente privata nel GAL – in misura non inferiore alla componente pubblica – deve essere garantita non dalla incidenza quantitativa delle quote sociali, ma dalla composizione dei cd. “comitati decisionali” che, trasposti nel diritto interno, corrisponderebbero all’organo amministrativo gestorio e, di riflesso, ai comitati e, in generale, ai moduli organizzativi che valuteranno tutti gli interessi plurali – la cui composizione rifletta un ruolo prevalente o quantomeno paritario dell’insieme delle componenti private rappresentate nel Consiglio d’Amministrazione –.

Il Consiglio di Amministrazione sarebbe, dunque, il luogo naturale deputato alla composizione di interessi contrapposti nell’ottica del perseguimento di un interesse diverso da quello individuale e che, nella fattispecie, è costituito dal sostegno economico al territorio, secondo modalità e limiti indicati nel PSL .

Ad essere oggetto di censura, dunque, è l’applicazione che la Regione Lombardia fa dei precetti normativi comunitari – art. 32, par. 2 lett. b) ed art. 34, par. 3 lett. b) del Reg. UE n. 1303/13 – che delineano i requisiti organizzativi che dovranno essere rispettati dai soggetti ammessi a beneficiare del finanziamento comunitario; requisiti previsti per garantire un equo contemperamento dei singoli interessi in gioco – che possono essere privati e pubblici –, al fine di evitare che il pubblico prevalga sul privato.

Il livello decisionale dei GAL dovrebbe essere individuato nel consiglio di amministrazione e non nell’assemblea dei soci, perché anzitutto il regolamento comunitario farebbe riferimento al livello decisionale, e perciò al luogo in cui si realizza la gestione societaria che, nel nostro ordinamento interno, non corrisponde all’assemblea dei soci. Dunque, sarebbe alla composizione del CDA e alle regole sulla sua formazione che dovrebbe guardarsi e non all’incidenza percentuale dei soci all’atto della costituzione della società, a fortiori quando la conformazione della compagine societaria assume – come nella fattispecie de qua – una struttura aperta.

Se la composizione del CDA è sganciata dal peso percentuale dei soci che hanno sottoscritto il contratto di società ed è, invece, legata al numero dei soggetti che compongono il GAL – come è accaduto per il GAL ricorrente, dove i consiglieri sono espressione di ciascuno dei soci (quattro privati e due pubblici), sicché la maggioranza fa capo ai soggetti privati – il livello decisionale, che detta regole e modalità organizzative per selezionare i progetti ammettendoli al finanziamento, sarebbe appannaggio dei privati e non della parte pubblica.

Detti ragionamenti risulterebbero perfettamente allineati all’indirizzo assunto dalla Corte dei Conti Europea nella relazione n. 5/2010 sui leader, nella quale, analizzando l’attuazione e l’operato dei GAL e degli stati membri sulla I.C. Leader Plus e sulla impostazione della programmazione 2007/2013, è stato sottolineato come “in tutti i GAL i rappresentanti del settore pubblico nel comitato decisionale non superavano il 50% dei membri, come disposto dal Regolamento. Solo i GAL di Francia avevano delle norme interne richiedenti un doppio quorum, per cui i membri del settore privato dovevano rappresentare almeno il 50% in ogni riunione deliberante”.

Dunque, la Corte dei Conti Europea avrebbe constatato come, nella prassi, la salvaguardia dell’incidenza della componente privata – in misura non inferiore alla componente pubblica – dovrebbe essere garantita non dalla incidenza quantitativa delle quote sociali ma dalla composizione dei cd. “comitati decisionali” che, trasposti nel diritto interno, corrisponderebbero all’organo amministrativo gestorio.

Parte ricorrente osserva, inoltre, come debba essere considerata un ingiusto ed incoerente aggravio l’applicazione, in via diretta, della sanzione della decadenza dal finanziamento all’ipotesi in cui l’assetto organizzativo e/o partecipativo di un GAL non risulti conforme rispetto ai requisiti indicati nel bando. Infatti, detta ipotesi non parrebbe configurare una violazione suscettibile di condurre ad un’automatica decadenza, in quanto quest’ultima consegue ordinariamente a violazioni concessorie-contrattuali; al contrario, proprio per il modulo aperto che assume il GAL, a tutto voler concedere, il profilo ostativo al modello legale delineato potrebbe rilevare solo una volta individuato definitivamente l’assetto.

Il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato.

Ed invero, nell’ambito delle politiche di coesione europee, dunque con il fine di favorire la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva dell’Unione attraverso il potenziamento di quelle realtà regionali ancora deboli mediante l’individuazione dell’ente strategico nei Gruppi Locali di Azione (GAL), il Reg. UE 1303/2013, all’art. 32, par. 2, precisa che: “… lo sviluppo locale di tipo partecipativo è: …

b) gestito da gruppi d’azione locali composti da rappresentanti degli interessi socio-economici locali sia pubblici che privati, nei quali, a livello decisionale, né le autorità pubbliche, quali definite conformemente alle norme nazionali, né alcun singolo gruppo di interesse rappresentano più del 49 % degli aventi diritto al voto”.

Lo scopo della succitata disposizione risulta quello meglio chiarito all’articolo 34, paragrafo 3, lettera b), del Regolamento medesimo, che prevede tra i compiti dei GAL:

“b) elaborare una procedura di selezione trasparente e non discriminatoria e criteri oggettivi di selezione delle operazioni che evitino conflitti di interessi, che garantiscano che almeno il 50 % dei voti espressi nelle decisioni di selezione provenga da partner che sono autorità non pubbliche e che consentano la selezione mediante procedura scritta” ribadendo, dunque, l’importanza della presenza della maggioranza di soggetti privati nelle società. Il GAL è, infatti, concepito come “un insieme di partner pubblici e privati che elaborano congiuntamente una strategia e misure innovative per lo sviluppo di un territorio rurale di dimensione locale ed altri operatori collettivi pubblici o privati nel settore rurale. Questi partner scelgono un responsabile amministrativo e finanziario in grado di gestire sovvenzioni pubbliche” (cfr. punto 8 Comunicazione CE, C180, pag.48, 1 luglio 1994, come richiamata dalla Corte di Giustizia UE, T-263/97, 13 aprile 2000, GAL Penisola Sorrentina c. Commissione CE).

Il Collegio ritiene, pertanto, che la Regione, specificando che “l’incidenza dei soci pubblici non può essere superiore al 49%” non ha fatto altro che sottolineare la necessità di rispettare la normativa europea, cioè la chiara volontà della UE di mantenere, nel GAL, una percentuale in mano pubblica che non sia superiore al 49%, come, del resto, già si evinceva con chiarezza alla luce del disposto letterale del citato art 32, par. 2, lett. b) del Reg UE 1303/2013.

Oltre al dato letterale, anche gli sviluppi interpretativi delle istituzioni europee (Orientamenti sullo sviluppo locale di tipo partecipativo del 25 maggio 2014 della Commissione Europea e relazione della Corte dei Conti europea n. 5/2010) consentono di affermare che la volontà del legislatore è quella di garantire che le quote degli enti pubblici non superino il 49%.

La Commissione ritiene che l’intero settore pubblico, e i comuni in particolare, siano componenti essenziali dell’approccio delle azioni di sviluppo locale di tipo partecipativo, ma, in ogni caso, devono essere rispettati i principi ispirati a un’impostazione dal basso verso l’alto (“bottom-up”).

“la norma del 49% è ormai da tempo un principio fondamentale della metodologia LEADER e intende garantire che i partenariati siano quello che dicono di essere, ossia dei veri partenariati, nei quali ciascun membro abbia la possibilità di influire sulle decisioni, e non mere appendici di strutture e organizzazioni esistenti. In passato alcuni comuni e autorità pubbliche sono stati molto diffidenti nei confronti di LEADER, poiché questa norma poteva minare il ruolo del settore pubblico e dei rappresentanti eletti. In realtà però la situazione è diametralmente opposta. Solitamente il settore pubblico è legittimato se dimostra di poter lavorare in un autentico partenariato con la popolazione locale e le procedure per il CLLD prevedono un sistema di pesi e contrappesi che, se adeguatamente applicato, garantisce la responsabilità pubblica” (cfr. Orientamenti sullo sviluppo locale di tipo partecipativo, DG Politica Regionale, 25.05.2014, pag. 40).

La relazione n. 5/2010 della Corte dei Conti Europea su Leader, analizzando l’attuazione e l’operato dei Gal e degli Stati Membri sulla iniziativa Leader Plus e sulla impostazione della programmazione 2007/2013, sottolinea come:

– “il potenziale valore aggiunto del partenariato non è stato ottenuto nei GAL dove il processo decisionale era dominato dalle autorità locali”;

– “l’approccio dal basso verso l’alto è risultato limitato nei GAL che hanno concesso la maggioranza delle sovvenzioni alle stesse organizzazioni che li componevano.

La medesima relazione precisa: “Una delle caratteristiche principali dell’approccio Leader è il fatto che le decisioni dovrebbero esser prese non dalle autorità pubbliche, bensì da un più ampio partenariato locale, dove il governo locale è presente, ma non detiene la maggioranza dei voti. Il coinvolgimento della comunità può essere rafforzato consentendo a tutte le parti locali interessate di partecipare al GAL e garantendo che siano rappresentati tutti i principali attori locali”.

Gli atti regionali non fanno, dunque, che riproporre le disposizioni dei regolamenti UE.

La disposizione del Regolamento UE che vieta alle autorità pubbliche la detenzione di una percentuale superiore al 49% a livello decisionale è volta ad evitare preponderanza della componente pubblica nel suo complesso ed è inoltre, riferita, a parere del Collegio, alla composizione del capitale assembleare, atteso che, secondo le previsioni del nostro ordinamento, è l’organo assembleare quello deputato a determinare in ogni caso le scelte gestionali della società di capitali, quale che sia la composizione del consiglio di amministrazione, il quale sarebbe sempre e comunque soggetto all’indirizzo assembleare. L’organo deliberativo della società, espressione della volontà dei soci, è, invero, l’assemblea, mentre il consiglio di amministrazione è l’organo di amministrazione, che gestisce in concreto la società sulla base delle determinazioni dell’assemblea.

E’, infatti, l’assemblea che nomina e revoca in qualunque tempo gli amministratori, fatta eccezione per i primi amministratori, che sono nominati nell’atto costitutivo della società (il cui contenuto è deliberato, peraltro, sempre dall’assemblea), ai sensi degli artt. 2335, n. 4, c.c. e 2383, comma 1, c.c.

Ai sensi dell’art. 2328, n. 9, c.c., inoltre, l’atto costitutivo deve indicare il sistema di amministrazione adottato, il numero degli amministratori e i loro poteri, indicando quali tra essi hanno la rappresentanza della società.

E’ l’assemblea che rispecchia e rappresenta la composizione del capitale della società.

Nel GAL ricorrente la percentuale massima non è, alla stregua dello statuto del partenariato, rispettata.

Ed invero, la Comunità montana Valsassina – Valvarrone – Val d’Esino e Riviera possiede una quota del 30% della società; la Comunità montana Valli del Lario e del Ceresio possiede un’altra quota del 30%, per un totale del 60% in mano ai due enti locali. Il 49%, pertanto, è abbondantemente superato, risultando la piena legittimità della disposta esclusione. Dall’analisi del dato letterale della norma, che distingue espressamente fra i gruppi di interesse privati e la parte pubblica, risulta, infatti, che, come si evince da un dato di reale esperienza, la parte pubblica deve essere considerata come esponente del medesimo gruppo di interessi, mentre le associazioni private sono portatrici di interessi diversi.

Riguardo, invece, al secondo motivo di gravame, gli atti eurounitari devono interpretarsi alla luce dell’ordinamento vigente nell’ambito dei singoli Stati membri, atteso che la normativa in materia societaria non è uniforme.

La Commissione Europea non specifica, invero, quale debba essere considerato il livello decisionale, lasciando agli Stati membri la competenza della valutazione. Ed è proprio quello che è avvenuto con l’emanazione della nota della regione Lombardia del 13 settembre 2016, nella quale si è specificato che:

1. entro la data del 30 settembre 2016 (paragrafo 10 del bando d.d.u.o. 6547 del 31/7/2015), i partenariati dei PSL di cui all’allegato 3 del d.d.u.o. n. 7509 del 31/7/2016 (pubblicato sul BURL del 2/8/2016) devono costituire una società con personalità giuridica (spa, srl, sapa, scarl);

2. la società costituita deve rispettare quanto previsto dall’art. 32, par.2 lett. b), del Reg.UE n. 1303/13, che stabilisce che a livello decisionale, nè le autorità pubbliche, né alcun singolo gruppo di interesse rappresentino più del 49% degli aventi diritto al voto: pertanto l’incidenza dei soci pubblici non può essere in percentuale superiore al 49%;

3. in considerazione della ristrettezza dei tempi e delle recenti norme in materia di partecipazione societaria da parte di enti pubblici, la nuova società potrà inizialmente essere costituita da taluni dei componenti il partenariato, contemplando la “formula aperta” ovvero la possibilità di ingresso da parte dei restanti soggetti partner, che dovranno, peraltro, aderirvi entro e non oltre 6 mesi dalla costituzione societaria. L’adesione futura del partenariato dovrà comunque essere formalmente dichiarata al momento della costituzione della società (30 settembre 2016).

Il rispetto delle percentuali di partecipazione delle componenti pubbliche e private nella composizione dell’organo decisionale avrebbe, dunque, dovuto sussistere almeno al momento della costituzione della società, non potendo in alcun modo la ricorrente sanare successivamente tale essenziale carenza.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va respinto.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi, alla luce della peculiarità e della complessità della vicenda, per disporre l’integrale compensazione fra le parti costituite delle spese di giudizio.

Nulla sulle spese nei confronti dei controinteressati non costituiti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate fra le parti costituite.

Nulla sulle spese nei confronti dei controinteressati non costituiti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente

Elena Quadri, Consigliere, Estensore

Oscar Marongiu, Referendario

L’ESTENSORE
Elena Quadri

IL PRESIDENTE
Angelo De Zotti

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