“Barche più lunghe stanno venendo a vincerci
Aggrappati alla riva
Stanno prendendo la chiave dalla porta”
(Longer boats – Tea for the Tillerman – Cat Stevens – 1970)
La settimana scorsa mi sono lasciato prendere la mano: risultato, un domenicale più lungo del solito, mentre l’intenzione era quella di essere sintetico. Ma non ci sono riuscito.
Poi trovo un amico che prima mi confessa di leggermi, ma subito mi rimprovera (peraltro molto bonariamente) per la prolissità. Così faccio uno più uno e ottengo circa 4.600, come il numero medio di persone che è solito leggere questi viaggi talvolta spericolati e astrusi del dì di festa.
Quattromilaseicento, perbacco, mica quattro gatti. Per cui vi sono riconoscente, così come sono riconoscente verso il direttore che mi consente di usare questa palestra dove l’unico esercizio è raccontarvi di me per cercare di raccontare anche di voi.
**********
Ecco, a proposito di gatti, in casa ne abbiamo uno. Si chiama, forse senza troppa fantasia ma con un pizzico di nostalgia, Silvestro ed è un bell’esemplare di felino domestico al quale ogni tanto mostro l’ingresso del microonde per farlo smettere di miagolare (senza peraltro ottenere grossi risultati).
Lo abbiamo recuperato a Colico, viveva in un bosco dopo che il suo padrone aveva avuto problemi di salute e aveva chiuso la casa dove abitava.
Trasferitosi in Valle, il neo membro della famiglia mostrò subito diverse falle nella salute, rotolando da un problema all’altro sul filo del suo ultimo aldilà. Riuscì a cavarsela perché non lasciammo niente di intentato per curarlo aiutati da una brava veterinaria e oggettivamente commossi dagli sforzi che quel piccolo gomitolo di pelo fulvo produceva per continuare a vivere.
Recuperato a chissà quale delle sue sette vite , Silvestro non ha più smesso di ripagarci con il suo affetto e la sua dolcezza mostrando una riconoscenza senza limiti, quella che gli animali sono capaci di ricordare per tutta la vita (o le vite, fate voi).
A differenza degli umani.
*******
Umani che domenica a Introbio erano in tanti ad una festa diventata uno spettacolo con di tutto e di più.
D’altronde, esibirsi su un palcoscenico autunnale strepitoso come quello che ci ha regalato la Valle e le sue montagne non poteva che rendere entusiasmante e per certi versi unico l’evento.
E siccome mi sono ritrovato con un microfono in mano ho approfittato dell’occasione un po’ come utilizzo il Domenicale, cioè per esprimere quello che sento e che penso (anche se talvolta le due anime non sono necessariamente in sintonia tra loro).
In quei momenti di gioia, con le majorette che ballavano al ritmo di una musica che ad un certo punto ha deciso di lasciarle fare da sole tanto erano egualmente bravissime, le carrozze che sfilavano eleganti a Prà Basteer, i bambini con in mano i palloncini, la targa del Don Cesare ancora coperta da un telo nero, sullo sfondo il coro di rosso vestito ed in mezzo un popolo che si riversava nella nuova piazza, ho pensato di ricordare chi stavamo ringraziando.
E ho detto – probabilmente inascoltato visto l’entusiasmo generale – che eravamo lì a ringraziare la natura e di ricordarci che con lei siamo sempre in debito.
Avrei voluto anche dire che la riconoscenza verso la natura non è mai stata una delle virtù del genere umano, ma questo me lo sono tenuto per oggi, anche perché mi sarei allargato un po’ troppo e il discorso doveva farlo il sindaco e non il più o meno bravo presentatore.
Il quale presentatore, però, ha un’idea per cercare di sdebitarsi: visto che la Grigna presenta una serie di esclusive peculiarità che non sto qui ad elencare, perché non cercare di farla diventare patrimonio dell’Unesco?
Sarebbe proprio un bel segno di riconoscenza e, tanto per tornare indietro di una settimana, di rispetto.
*******
Altri, invece, sono i segni rimasti addosso al buon Marco, vigile a Ballabio e dirigente al Cortenova.
Sono i segni lasciati da chi, accolto e mantenuto, non ha ancora capito che ogni volta che la luce del giorno si affaccia all’orizzonte deve ringraziare una ad una le persone che gli stanno attorno, che lavorano per pagare tasse che consentono ad uno Stato il cui sport preferito comincia con “ipo” e finisce con “crisia” ed in perenne equilibrio fra il dire e non dire, il vedere e non vedere, il fare e non fare, di elargirgli una diaria che certi italiani si sognano la notte ed inseguono spesso vanamente ogni santo giorno.
Sono i segni lasciati da chi, una volta “assicurato” alla giustizia, ha trovato dall’altra parte dell’aula il buon padre di famiglia il quale, dopo avergli dato una pacca sulla spalla, gli ha sussurrato l’articolo del “và e non peccare più”.
Sono i segni di chi pretende di essere rispettato rifiutandosi di rispettare, qualche volta approfittando del proprio colore per trovare spiagge accoglienti e, come si dice oggigiorno, “inclusive”.
Già, “all-inclusive” mi autorizzo a completare, compresa la libertà di alzare le mani su un poliziotto ben sapendo che, in fin dei conti, te la caverai facendo appello all’articolo del “và e non peccare più”.
A questo punto avrei una parola da aggiungere che farebbe rima e che qualche volta uso quando sono incazzato, ma per amore e rispetto di tanti altri che invece scappano davvero da guerre e carestie (e abbiamo il sacrosanto dovere di aiutare) non la scrivo, anche se la tentazione è forte, anzi, fortissima, come la convinzione che certi tipi debbano essere rimpatriati immediatamente senza passare dal via, indipendentemente dal numero che esce quando i dadi smettono di rotolare.
Se non sei riconoscente, insomma, puoi accomodarti fuori, e se non prendi tu la decisione serve che qualcuno la prenda al tuo posto ammesso che ci voglia mettere la faccia e, soprattutto, assumersi finalmente le sue responsabilità di fronte a tutti.
Ed essere, magari, ringraziato.
Buona domenica.
Riccardo
Benedetti
———-——
L’ARCHIVIO DELLA RUBRICA DOMENICALE |