“E non ci indurre in tentazione”, diciamo ogni volta che recitiamo il Padre Nostro. Ma temo che il più delle volte lo diciamo senza pensarci. Se facessimo più attenzione a quello che diciamo, probabilmente resteremo un po’ meravigliati per queste parole: “sembra che chiediamo a Dio di non tentarci”.
Ma Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male. La tentazione non viene da Dio, caso mai viene dal diavolo, il nemico di Dio e dell’uomo, come dice la Bibbia.
Le parole “non ci indurre in tentazione” in realtà significano: “Fa o Signore che non cadiamo nella tentazione”. Non si chiede a Dio di risparmiarci ogni tentazione, perché questo è impossibile, tanto che una fede senza tentazioni non è neppure pensabile. Di tentazioni ce ne sono tante e di ogni genere. Tante quante sono nella vita di ognuno le occasioni di pensare, parlare, e agire in modo diverso da come insegna il Vangelo. Ma dietro a ogni tentazione particolare, vi è un’unica tentazione di fondo: quella di cercare di realizzare la propria vita facendone a meno di Dio. Il che equivale, in pratica, a non aver fede, a non fidarsi di Dio, ma affidandoci piuttosto al fascino di ideali più immediati e tangibili: denaro, piacere, successo, prestigio, potere ecc.
C’è chi è disposto a vendere la propria anima al diavolo, come si dice, per avere queste cose. Tutti noi qui presenti, per il fatto stesso che siamo qui a messa, ci professiamo cristiani il problema è: fino a che punto crediamo davvero “con il cuore” in quel Vangelo che professiamo a parole, in quelle cose che tra poco diremo nel Credo.
Tuttavia la fede non cresce e non matura senza lotta e senza prove. Per questo Gesù ci ha insegnato a pregare ogni giorno Dio di non lasciarci vincere dalla forza della tentazione, sapendo che la tentazione peggiore è quella di non farsi nessun problema e di non interrogarsi neppure sulla coerenza della nostra vita con il Vangelo.
Don Graziano
vicario parrocchiale
Domenica 18 febbraio 2018
Prima domenica di Quaresima
Rito Ambrosiano – Vangelo Mt 4, 1 – 11