Nel Vangelo di questa domenica è facile riconoscervi l’unione di due parabole: quella del banchetto e quella dell’invitato senza l’abito nuziale. La prima parabola esprime soprattutto l’invito del Padre a gioire perché il Figlio si è legato (= sposato) a noi con l’Incarnazione.
Ed ora, legatici a sé, Gesù ci ha salvati: noi siamo la sua gloria davanti al Padre: come una sposa ornata di gioielli.
Donando la vita Gesù dice: “per voi e per tutti”: per questo l’invito al banchetto è per tutti, perché tutti siamo compresi nel donarsi di Gesù.
Emergono due considerazioni che suscitano in noi stupore:
– Chi è mai questo Padre che ci chiama a far festa con il Figlio suo che ha donato per noi? Può un Padre, e per di più un Dio onnipotente, amarci in questo modo e fino a questo punto?
– E poi pensare che non ci può essere festa senza di noi: non per nostro merito e vanto, ma perché noi siamo la ragione che sta infinitamente a cuore al Padre e al Figlio.
La seconda parabola mette in evidenza le condizioni nostre nel rispondere all’invito di Dio.
L’abito nuziale viene spiegato come il Battesimo o gli altri sacramenti.
Certo il sacramento è necessario perché è il segno voluto da Gesù per comunicarci la sua amicizia o la sua vita in noi.
Ma ad esso devono corrispondere i nostri sentimenti e propositi.
Abiti adatti sono allora:
– l’indegnità del centurione : “io non sono degno che tu entri nella mia casa”;
– il proposito di vita nuova di Zaccheo;
– il pianto di Pietro dopo aver rinnegato Gesù;
– forse la stessa disperazione di Giuda (“ho tradito sangue innocente”);
– la lode di Gesù al Padre ci fa capire che abito adatto è la piccolezza, non la superbia.
Ci colpiscono infine le parole durissime di entrambe le parabole:
– “fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città”;
– “legatelo mani e piedi e gettatelo fuori”.
Non capiremo mai abbastanza quanto è grande la misericordia di Dio che rivolge il suo invito a tutti.
Ma certo la strada per comprenderla non passa dal dimenticare il suo giudizio e la sua giustizia.
Anche se tutto questo si trova nella profondità di Dio e del cuore dell’uomo: cose che a noi non è dato di conoscere e di giudicare.
Don Gabriele
vicario parrocchiale