Spontaneamente ci piace molto la parabola offertaci oggi da Gesù e la sua conclusione. Due uomini salirono al tempio a pregare: entrambi dunque si pongono alla presenza di Dio: cosa in sé buona, ma lo fanno con sentimenti diversi.
Uno era fariseo, conoscitore e osservante della legge, sicuro della propria giustizia così da ringraziare Dio per non essere come gli altri uomini e neppure come il pubblicano: lui poteva stare in piedi davanti a Dio e giudicare gli altri con disprezzo.
L’altro era un pubblicano, persona dal lavoro odioso perché esattore delle tasse per conto dei nemici Romani.
C’è un’altra figura nel Vangelo che ci fa intuire come questo lavoro li ponesse nella posizione di poter esigere senza pietà e magari anche esagerando: era Zaccheo che disse a Gesù “e se ho rubato a qualcuno, restituisco il quadruplo”.
Carico forse di questo rimorso, questo pubblicano non aveva neppure il coraggio di alzare lo sguardo verso il cielo; solo diceva, battendosi il petto: “Abbi pietà di me peccatore”.
E Gesù conclude dicendo: “Questi, a differenza dell’altro, tornò a casa perdonato; perché chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”.
Sono parole che ci ricordano quelle di Maria nel Magnificat: “abbassò i superbi ed esaltò gli umili”.
Superbia e umiltà sono, ancora una volta, la sintesi degli atteggiamenti degli uomini davanti a Dio.
Non servono al Signore i bravi, se sono superbi; servono invece uomini che, anche se peccatori, hanno saputo umiliarsi ed essere perciò perdonati.
Quanto bene riceviamo, scorrendo il Vangelo, dalla testimonianza di peccatori umili, davvero pentiti e perciò perdonati.
Una definizione fra le più belle di Chiesa è proprio questa: comunità di perdonati.
Le persone brave ma superbe non piacciono.
Occorre essere davvero santi per poter piacere anche se si è bravi, perché si sa unire la bravura con altrettanta umiltà, come sono stati Maria e Giuseppe.
D’altra parte l’umiltà è stata anche la strada percorsa da Gesù e che continua a percorrere anche per toccare e
convertire i nostri cuori: “Ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”.
Mentre la superbia divide, anche se unita alla bravura, la vera umiltà è la porta che ci consente di ricevere in noi il perdono di Dio e la qualità per essere persone di comunione.
Don Gabriele
Vicario parrocchiale