Nel Vangelo di oggi c’è un’annotazione che ci fa capire la drammaticità di questa pagina: si apre con “quei Giudei che gli avevano creduto” e si conclude che gli stessi “raccolsero pietre per scagliarle contro di lui”. Cosa può essere capitato per generare questo cambiamento?
Colui che si proclamava Figlio di Dio, accusava i Giudei che facevano le opere del loro padre: non Abramo ma il diavolo, menzognero e padre della menzogna. Non poteva esserci per quei Giudei offesa e provocazione più grande.
Eppure la discussione era iniziata da una proposta non polemica di Gesù: per essere davvero suoi discepoli avrebbero dovuto rimanere nella sua parola, e così avrebbero conosciuto la verità e sarebbe stati veramente uomini liberi.
E’ importante dunque soffermarci su quel “rimanere nella sua parola” perché è da lì che la discussione prende origine.
Anche a noi che desideriamo sinceramente essere discepoli di Gesù, Gesù oggi dice che dobbiamo rimanere nella sua parola.
Dobbiamo allora chiederci: c’è una parola di Gesù nella quale io abito, cioè che porto nel cuore come parole che mi dà vita?
Non dobbiamo essere generici, ma precisi.
Sono diverse le parole di Gesù che ci danno vita a seconda delle diverse situazioni che viviamo.
Sono le sue parole di beatitudine dette ai poveri, a chi piange, ai puri di cuore, alle persone di giustizia e di pace; oppure sono le parole di perdono; o sono parole di speranza
come quelle dette alle sorelle di Lazzaro morto.
Sono le parole che ascoltiamo nel Vangelo o nella Messa.
“Rimanere nella sua parola” vuol dire custodire quella sua parola nel proprio cuore e attingere da essa la speranza e la forza per andare avanti nella fatica del nostro vivere quotidiano.09
Allora facciamo esperienza di come sia diversa un’appartenenza generica alla fede e alla vita cristiana, da un essere davvero discepoli di Gesù come oggi ci propone.
Allora quella sua parola brillerà in noi come luce capace di vincere ogni tenebra della vita; una parola capace di darci sicura speranza oltre ogni mortificazione o delusione subita, oltre ogni sbaglio commesso, e sperimenteremo come quella parola ci introduce nella verità e nella libertà più vere, quelle che scaturiscono dalla certezza che Dio ci ama.
Sono parole, quelle di Gesù, che hanno la solidità della roccia sulla quale possiamo costruire la nostra casa, che resistono al logorio del tempo: “le mie parole non passeranno mai”; e oggi è come se Gesù le proclamasse da quella altezza: “Prima che Abramo fosse, Io sono”.
Don Gabriele
Vicario parrocchiale