“LA PRIMAVERA E I PLATANI DI CORTABBIO”: REPLICA DELL’AGRONOMO BUIZZA



Se un cittadino, una famiglia, un’associazione trovasse in un cassetto una lettera scritta da un antenato o da un personaggio illustre nel 1857, se scoprisse che il tavolo della cucina porta incisa sotto il piano di lavoro quella data, se un attrezzo da lavoro agricolo, un gerlo, una carriola fosse rinvenuta nel vecchio pollaio e potesse essere datata al 1857, se un quadro semidimenticato in soffitta portasse data e firma di autore ottocentesco, sono convinto che si farebbe una gran festa: forse si coinvolgerebbe la Soprintendenza, si scomoderebbe il direttore del Museo locale, si allestirebbe un quadro, una teca, una vetrina, una esposizione, che attirerebbe l’attenzione degli storici, dei curiosi e degli amanti delle proprie radici.

In base al racconto degli attuali proprietari si è venuti a conoscenza che i platani di Cortabbio, di fronte alla trattoria Menapolenta, non sono pubblici, ma privati; che all’origine erano 6 (e ne sono rimasti 2); che sono stati piantati da un antenato dell’attuale proprietario nel 1857; notizie molto interessanti che meriterebbero una grande attenzione e qualche approfondimento.

Viene confermato, invece, che prossimamente questi alberi che raccontano la storia del luogo, della famiglia, della comunità, saranno tagliati, addirittura con il benestare degli stessi proprietari che si lamentano per i costi di manutenzione, per il loro ingombro, per la preoccupazione che possano fare danni; proprietari che reclamano altri spazi e che rinuncerebbero senza problemi a questi “gioielli di famiglia”.

Mi permetto di segnalare che il costo della potatura, come è stata fatta nei giorni scorsi, è un falso problema; è come fare un falò di banconote in corso legale per scaldarsi. La potatura, soprattutto se fatta in quel modo, non è un intervento indispensabile ma inutile e, quasi sempre, dannosa; spesso innesca processi di degrado irreversibile.

Lasciamo la potatura agli alberi da frutto e alle siepi formali: è anche per questo che dopo trent’anni una pianta da frutto è vecchia, deperente, poco produttiva. Un platano ben piantato, dopo cent’anni è ancora un giovanotto in crescita, basata lasciarlo crescere.

Gli alberi, soprattutto quelli ornamentali, costano nulla perché fanno tutto da soli, si nutrono, si dissetano, si sviluppano in silenzio, senza dare nell’occhio, senza richiedere integratori vitaminici; anzi spesso sopravvivono nonostante le sevizie cesorie disposte dai proprietari o dai giardinieri che vengono pagati, spesso, forse inconsapevolmente, non per curare gli alberi ma per danneggiarli irreparabilmente sulla base delle consuetudini del passato quando il legno della potatura era una risorsa energetica, a volte l’unica, per cucinare e per scaldare la casa.

La dimensione attuale del grosso platano (circonferenza del fusto di 355 cm) a prima vaste pare sottodimensionata rispetto all’età dichiarata; se però si considera che le cosiddette “potature” sono state una consuetudine del passato si comprende perché la dimensione anziché essere di 600 cm si è fermata a 355.

Comunque sarebbe interessante verificare se in tutta la Valsassina esiste oggi un platano di dimensioni maggiori di quello di Cortabbio. Tagliandolo si rischierebbe di buttare nel fuoco, non un albero, ma un campione di longevità, il primo in classifica di tutta la valle.

Inutile qui ricordare che la potatura degli alberi non è una regola ma una scelta; che la potatura spesso è frutto di errori di impianto o di inadeguatezza del sito.

Affermare che la pianta è molto costosa perché si devono pagare le potature è fuorviante: basterebbe non fare la potatura, soprattutto evitare la potatura con le modalità con cui è stata fatta e che, presumibilmente, è stata una replica delle molte, dannose, potature fatte in passato. Lo attestano alcune grandi cavità presenti nel fusto.

Ciò che differenzia i platani di Cortabbio dalla lettera dell’antenato, dal vecchio tavolo di famiglia, dalla carriola trovata nello spazzecà, dal quadro ottocentesco – oggetti di cui si farebbe gran vanto con la comunità nobilitandoli con una collocazione particolare o museale – è che il platano è vivo, cresce, si sviluppa, cambia forma, anche dopo 150 anni, rimette tutti gli anni le foglie, divora CO2 come nessun altro, fa ombra e frescura d’estate, lascia passare il pallido sole d’inverno, offre rifugio a uccelletti, picchi, cornacchie, ghiri, civette, allocchi e altro ancora.

Non è un monumento morto da guardare e non toccare; è un monumento vivo, che migliora le condizioni ambientali per tutti, che potrebbe diventare occasione di incontro di persone, che affonda le sue radici nella storia della località e la racconta da vivo, e potrebbe continuare a raccontarla alle future generazioni.
Barattare questo patrimonio ambientale e culturale con un pezzetto di asfalto, con un allargamento stradale pare proprio un errore, grossolano, perché siamo nel 3° millennio, perché ci stiamo preoccupando della scarsità di aria e di acqua, perché butteremmo via una preziosa eredità, privata sì, ma anche collettiva.

21 marzo 2022 – È tornata la primavera, ma non sul platano.

Giorgio Buizza
Agronomo

 

LE OPINIONI OPPOSTE IN DUE ARTICOLI PRECEDENTI:

PLATANI DI CORTABBIO, PARLA IL PROPRIETARIO: “L’ABBATTIMENTO UNA SCELTA DI CUORE. AL LORO POSTO UN’AREA VERDE”

CORTABBIO COME LECCO, L’ESPERTO SPIEGA: “GLI ALBERI ANTICHI RACCONTANO LA STORIA DEI PAESI, VANNO CONSERVATI E ACCUDITI”

 

 

 

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