Può sembrare strano che in tempo di Pasqua, quando si parla di risurrezione e di vita nuova, il Vangelo ci riporti alla presentazione di Gesù fatta da Giovanni Battista con le parole “Ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”. Siamo abituati ad ascoltare questo Vangelo come un invito a prepararci alla venuta di Gesù a Natale; oggi lo ascoltiamo come la proclamazione della vitoria di Gesù sul peccato.
Ci nascono però alcune domande:
Ma il peccato è una realtà così rovinosa per l’uomo da poter dire che la salvezza operata da Gesù è salvarci dal peccato?
E come Gesù ci salva dal peccato? Anzitutto dobbiamo ricomprendere la realtà del peccato. Verrebbe da dire che se il peccato sono le banalità che a volte si dicono nella confessione, queste sono nulla di fronte al grande male che c’è nel mondo. Avrebbero rilievo, queste nostre piccolezze, se a desiderare di esserne purificati ci fosse un ardente desiderio di una vita diversa, nuova.
La fiacchezza di questo desiderio è il vero peccato.
È la distanza da Gesù: basti pensare alle sue parole: “Ho un fuoco nel cuore e come vorrei che si accendesse”, “Siate luce che illumina, siate sale che dà sapore”.
Il peccato, in tutte le sue forme, grava sui singoli e su tutta l’umanità come realtà che disgrega, che toglie armonia, speranza, che semina sfiducia, divisione, che non dà pace: “peccato” è la lettura più profonda del male. Tutto questo nei cuori, prima ancora che nel mondo: una realtà così negativa e così pesante da chi potrà essere vinta?
È pesante come la pietra del sepolcro di Gesù che è stata rotolata via perché Gesù è risorto: perdono e pace sono i doni pasquali di Gesù. Si può essere giustamente sbalorditi dalle scoperte e invenzioni scientifiche di cui è capace l’uomo di oggi: eppure esse non giungono al cuore dell’uomo dal quale, come dice Gesù, nascono i pensieri e i sentimenti buoni o cattivi; ed lì, invece, che Gesù vince il peccato.
Ma in che modo Gesù vince il peccato e ci salva?
Anzitutto lo fa a proprio prezzo: con la propria umiliazione, passione e morte: dice san Pietro: “Per le sue piaghe noi siamo stati guariti”. Perché vuole toccare il cuore, la coscienza, e suscitare desideri di cambiamento e di bontà nuova, gratuita come la sua.
Ricordiamo l’invocazione di San Francesco che chiedeva: “Signore, dove c’è odio che io porti amore”.
Accogliere oggi questa parola del Vangelo: “L’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”, vuol dire lasciare crescere in noi il desiderio che il mondo diventi tutto così (è quello che chiediamo dicendo: “venga il tuo Regno”), e, intanto, cominciare ad essere io così, con i sentimenti di Gesù: per il suo perdono e con la sua pace.
Quando nella Messa diciamo le parole: “Ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”, noi siamo messi di fronte a questa verità di fede proclamata da Giovanni Battista riguardo a Gesù.
Nel mare dell’indifferenza di oggi, noi crediamo alla forza redentrice di questo Gesù, capace di salvare ogni uomo che con cuore sincero si affida a lui.
Don Gabriele
Vicario parrocchiale