LA NUOVA RUBRICA: DIETRO LA NOTIZIA. “DENATALITÀ, SCUOLE E CHIESE CHIUSE. UNA COMUNITÀ CHE SI DISSOLVE”



Le notizie di cronaca sono solite sciogliersi come neve al sole il mese di maggio. Il tempo dell’attenzione con cui le si legge è quello del fotogramma del film della quotidianità del presente. Spesso non c’è un prima e non c’è un dopo. Ma non tutte le notizie sono uguali. Qualcuna, non è sempre solo un evento che nasce e muore.

In questi giorni abbiamo letto della chiusura definitiva della scuola d’infanzia di Maggio. Ma sarà l’unica? Altre nel territorio sono in sofferenza. E dopo la chiusura delle scuole d’infanzia ci sarà di conseguenza la chiusura delle scuole elementari? E cosa vorrà dire la chiusura delle scuole, almeno per le piccole comunità del nostro territorio?

Abbiamo i giorni scorsi ripetutamente messo in evidenza il problema, su scala nazionale, sollevato dalla prestigiosa rivista Tuttoscuola e ripreso da testate internazionali.

Ne ha parlato anche l’Economist in un lungo report, scritto a Singapore il 30 maggio, dove si è evidenziato il grave problema della denatalità presente in molti paesi al mondo citando come paesi maggiormente rappresentativi del fenomeno, l’Italia e il Giappone.

L’articolo inizia con un cortometraggio provocatorio: “Adam è un bambino speciale”, dice la voce fuori campo, mentre la telecamera attraversa aule scolastiche abbandonate e reparti di maternità deserti. “È l’ultimo bambino nato in Italia”. Il cortometraggio realizzato per Plasmon, una marca italiana di alimenti per l’infanzia di proprietà di Kraft-Heinz, un gigante americano, è ambientato nel 2050. Immagina un’Italia in cui i bambini appartengono al passato. Naturalmente si esagera, ma non così tanto come si potrebbe immaginare. Il numero di nascite in Italia ha raggiunto il picco di 1 milione nel 1964; nel 2050, secondo le proiezioni dell’ONU, si sarà ridotto di quasi due terzi, fino a 346.000 unità.

Sempre l’autore osserva che: “Plasmon sa bene da che parte vanno i suoi biscotti fortificati e ricchi di fibre: una carenza di bambini non fa bene alle vendite di alimenti per l’infanzia. Ma il rapido invecchiamento di molti Paesi del mondo non sarà negativo solo per alcune industrie o per i governi, i cui costi aumentano a fronte di un calo delle entrate. La diminuzione del numero di giovani lavoratori istruiti che entrano nel mercato del lavoro ridurrà anche l’innovazione, con una conseguente riduzione della crescita economica in generale. Nel tempo, questo effetto potrebbe rivelarsi il risultato economicamente più dannoso dell’”ingrigimento”, intendendo l’aumento dei “capelli grigi” del mondo ricco, superando la crescita delle spese per le pensioni e l’assistenza sanitaria.”

In questo pezzo c’è la sintesi dello scenario che, con molta probabilità, potremo osservare negli anni prossimi al 2050. E per il nostro territorio cosa succederà?

Un’altra notizia dei giorni scorsi potrebbe essersi anch’essa sciolta come neve al sole in una giornata di inoltrata primavera.

È la sostituzione del vicario episcopale della Zona 3 di Lecco, assieme ad altri cambi di responsabili in altre zone pastorali della diocesi.

Ci chiediamo: normale avvicendamento? Potrebbe essere. Il nuovo vicario che arriverà è stato però, per sei anni, il segretario del grande Cardinal Martini, che nella sua ultima intervista prima di morire affermava che la Chiesa è in ritardo di ben 200 anni rispetto il mondo attuale. Non è da escludere che le riflessioni del Cardinale traessero spunto anche dalla situazione della Chiesa Ambrosiana – che conosceva bene.

È infatti di questi mesi l’impegno straordinario della diocesi milanese, per mettere a fuoco le numerose difficoltà in cui si trova, anche a seguito del calo drastico dei preti e del loro invecchiamento e della conseguente impossibilità di riuscire a mantenere il parroco in tutte le parrocchie. Ciò porterà, prima o dopo, anche al rischio di soppressione delle parrocchie e alla alienazione dei loro patrimoni.

In tal caso, incuriosisce osservare le misure allo studio, e in particolare l’attenzione posta dalla diocesi di Milano all’esperienza sudtirolese della diocesi di Bressanone e Bolzano alla quale si guarda per le affinità che ci sono con la zona pastorale 3 di Lecco.

In effetti, la diocesi sudtirolese, molto estesa in un territorio prevalentemente rurale e con piccole comunità, su 280 parrocchie hanno il parroco residente solamente 70. Dieci anni fa, ha attuato un piano riorganizzativo di riforma della chiesa locale, anche con la soppressione di alcune parrocchie, e con l’introduzione di nuovi organismi per la pastorale, con l’effetto positivo di avere dato inizio alla creazione di una nuova cultura ecclesiale. È una delle buone pratiche in circolazione.

Se ne parla in dettaglio in un filmato che riproduce un recente convegno diocesano e possiamo dire che il Cardinal Martini aveva visto giusto.

Quello che allora ci dicono in più, le due notizie da cui siamo partiti, è che ci troviamo agli inizi di grandi cambiamenti epocali che sconvolgeranno le nostre comunità, soprattutto quelle rurali, e che non possono passare inosservati in chi ci deve governare. Una scuola che chiude, e una parrocchia che scompare sono le condizioni, più preoccupanti, per la dissoluzione di una comunità. Certo che è altamente improbabile che si possano arrestare questi fenomeni che hanno origini lontane, ma non risulta che ci siano delle riflessioni in corso, da parte di chi se ne dovrebbe occupare a partire dalla politica, anch’essa unicamente concentrata sui fotogrammi del presente.

Poche settimane fa, nel nostro territorio, si è discusso anche della nostra montagna, ed è meritorio; ma quanto incisiva è stata quella discussione per analizzare, studiare e creare la giusta sensibilizzazione per affrontare i veri problemi della montagna e che non sono rappresentabili solo dalla dimensione del turismo? Chi si occupa anche del rischio di dissolvimento delle piccole comunità?

C’è allora bisogno di una politica che stia meno sui social e più nei contesti dove si studiano e si affrontano le vere questioni. Lo scopo della politica non è quello di apparire, ma di fare.

C’è bisogno di una politica con meno “passerelle” per declamare i soldi distribuiti sul territorio, anziché capire quali “investimenti buoni” sarebbero necessari. Quei soldi sono sempre debito da restituire, che con il calo demografico, come scrive l’Economist, le nuove generazioni non saranno in grado di fare.

C’è bisogno di una politica di opposizione capace di contrapporre idee concrete, anche operando nella forma di un “”governo ombra”.

C’è bisogno che il paradigma dell’operato di chi ha responsabilità non sia “l’apparire per essere”, ma “l’essere per apparire”.

C’è bisogno di guardare più spesso dietro le notizie, là si potrebbero trovare spunti per nuove riflessioni.

D. L. N.

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