“DRUG VALLEY”: UN MONOPOLIO VIOLENTO DELLA COCA PER IL VASTISSIMO CONSUMO VALSASSINESE



LECCO – Fa rumore la maxi inchiesta della questura di Lecco sullo spaccio di cocaina in Valsassina, in particolare in Altopiano tra Barzio, Cassina e Cremeno con la frazione di Maggio.

“Ennesima operazione della Mobile in questi due anni contro lo spaccio – spiegano il questore Ottavio Aragona ed il procuratore Domenico Basso -. Questa però si differenzia perché attenziona la Valsassina, che appariva marginale da quelle che sono le aree percepite come più critiche (l’area urbana di Lecco, il confine con la Brianza o l’alto lago). Il giro di stupefacente è assolutamente di rilievo. Durante le perquisizioni è stato rinvenuto un considerevole quantitativo già pronto per lo smercio a disposizione di un italiano che seppure ai domiciliari continuava a spacciare“.

Territorio molto circoscritto ma giro tutt’altro che ristretto” le parole del procuratore capo. Sei le ordinanze, di cui cinque in carcere e una con obbligo di presentazione: sono quattro quelle eseguite, si cercano gli altri due soggetti entrambi albanesi. “È estremamente preoccupate della diffusione del fenomeno – ribadisce Basso -: noi riusciamo ad arginarlo ma è molto radicato nel nostro territorio. Nonostante ciò intendiamo veicolare un messaggio di sicurezza, non possiamo definirlo di tranquillità, ma questura e procura ce la stanno mettendo tutta”.

“Quello valsassinese è un contesto per niente facile. A dare avvio alle indagini – interviene il vice commissario della Squadra Mobile Vincenzo Pasquale – numerose segnalazioni di privati cittadini effettuate tramite la app YouPol, oltre che di amministratori e altre realtà locali che hanno segnalato situazioni di omertà e paura”.

“Gli spacciatori sono un gruppo multietnico, composto da cittadini italiani e cittadini albanesi, una novità in questo genere di situazioni – prosegue Pasquale sottolineando le peculiarità del fenomeno valsassinese – e nessuna banda di extracomunitari attiva nel lecchese poteva interferire sul loro territorio. A capo un albanese con precedenti, tra cui anche la sparatoria a Pratobuscante di Barzio dell’ottobre 2017. I criminali in questo caso vivono il luogo in cui operano, sono spesso imprenditori, con contatti trasversali nella società, ma sono però soggetti determinati e capaci di azioni violente“.

In due anni sono stati documentati almeno 21mila cessioni, per un milione di euro di guadagni stimato. Lo spaccio si svolgeva nei centri abitati, senza rifugiarsi in boschi o aree periferiche, e anche direttamente in bar e rifugi montani dove spesso le sostanze venivano consumate direttamente. “Tra i messaggi in codice intercettati tra consumatore e spacciatore anche un ‘Ci vediamo per una birretta’, ma una volta interrogato il consumatore ha dichiarato di essere astemio” l’aneddoto raccontato dal procuratore.

Numerosissimi gli acquirenti e nessun caso di ‘pendolarismo’: tutti sono cittadini valsassinese. Una settantina di essi sono stati interrogati e hanno fornito informazioni utili alle indagini, altrettanti non si sono esposti e alcuni verranno indagati per favoreggiamento. Sono persone che vivono sul posto e temono sia danni di immagine sia, soprattutto, violenze fisiche. Uno di loro, per i debiti accumulati, è stato costretto a vendere immobili, una donna è stata coinvolta in un matrimonio di convenienza per mettere in regola un membro della banda: la vendita di immobile da 80mila euro, con falsa fatturazione per lavori non fatti.

Il tutto è sfociato nel blitz di ieri mattina, mercoledì 13 marzo, con diverse perquisizioni. Trovati otto panetti di hashish a casa di un indagato; altri tre panetti erano a casa del soggetto principale delle indagini ma nella disponibilità del figlio minorenne, di cui si occuperà quindi il tribunale dei minori. “Ad un albanese tra i più attivi sono contestati i reati di estorsioni e minacce aggravate perché non aveva nessuna remora nel perseguire fino in fondo gli obiettivi criminali, e anche questa è una unicità: “solitamente in queste indagini i capi d’accusa sono solo quelli legati allo spaccio” spiegano gli investigatori.

“Siamo lieti di essere andati incontro a una esigenza del territorio – conclude il questore Ottavio Aragona – perché la società ha mostrato esigenze di sicurezza e noi abbiamo dato una risposta. Auspichiamo che possa essere definitiva ma non abbasseremo l’attenzione”.

 

 

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