DON STEFANO COMMENTA IL VANGELO DELLA QUARTA DOMENICA DI PASQUA



Gesù è il pastore che si dà da fare per la felicità delle sue pecore, soprattutto quelle che non ce la fanno, quelle che rimangono indietro, quelle che si perdono. Si dà da fare perché abbiano la vita, in pienezza, perché abbiano la vita eterna. Che cosa pensiamo ci voglia dare Gesù? Per quale motivo vuole avere a che fare con noi? Per cosa si darebbe da fare? Per darci una vita bella, vera, felice. Non vuole addossarci pesi insopportabili, vuole liberare in noi la vita. Cosa pensiamo ci voglia dare Gesù? Perché dovremmo avere una buona relazione con lui? Come lo percepiamo, come lo pensiamo? Siamo sinceri, senza paura. 

Gesù poi ci descrive come un regalo che il padre gli ha fatto. Poteva dire qualcosa di più bello di noi? Un regalo dice molto di chi lo fa e dice molto di chi lo riceve. Proviamo a muoverci con commozione e leggerezza dentro questa verità che Gesù senza timore annuncia. Noi siamo la misura dell’amore del Padre verso di lui. Al battesimo di Gesù e alla trasfigurazione sul Tabor Dio Padre ha detto di Gesù: è il mio figlio, il mio amato, il mio compiacimento. Come a dire: è la mia vita, è la mia gioia, mi assomiglia! Oggi Gesù ci dice che siamo per lui dono del Padre, ci merita come dono del suo amore. Che cosa siamo quindi per il Padre, quanto valiamo ai suoi occhi? Poi Gesù aggiunge una cosa bellissima “Nessuno e niente ci strapperanno dalla mano del Padre”. Siamo un dono di cui Dio Padre è geloso!

Dal nostro punto di vista cosa ci dobbiamo mettere nel rapporto con Lui? Gesù usa due verbi: “Le mie pecore ascoltano la mia voce ed esse mi seguono”.

Ascoltare….ciascuno potrebbe chiedersi: io ascolto? Quanto ascoltò? Desidero ascoltarlo? Quando non accade mi manca l’ascoltare Gesù? Ascoltano “la voce”. Si allude al riconoscimento semplicemente dal timbro della voce. Prima ancora delle parole, la voce, il timbro della voce! È essere a tal punto familiari ed amici da riconoscersi alla voce. Come non augurarci di riconoscere Gesù e il suo vangelo tra mille e mille voci? Così da poter dire, senz’ombra di incertezza, davanti a certi discorsi o a certe proposte: ”Qui non c’è Gesù, non c’è il suo modo di essere e di vivere, non c’è l’evangelo. Qui invece c’è!”. Ecco, riconoscere Gesù dalla voce. E seguire: “mi seguono”. E non si segue il pastore nel recinto. Si segue il pastore fuori dai recinti. L’appartenenza a Gesù, ai suoi, non è un restare nel recinto, è un andare, un andare dietro di lui, un seguire i suoi passi. E allora se lui dà vita e dà felicità, anche tu, per quanto puoi, lavora per la vita di tutti perché sia almeno dignitosa. Per la felicità, di tutti.



Don Stefano Colombo

Casa Paolo VI – Concenedo

 

 

 

 

 

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