L’ORSO E IL LUPO IN VALLE: LORENZO GRECO RACCONTA I DUE PREDATORI



VENDROGNO – Sabato sera al Museo del latte di Vendrogno l’esperto faunista Lorenzo Greco ha presentato, accompagnato dalla pioggia che batteva sul tetto e dal clima autunnale, i due super predatori delle Alpi: l’orso e il lupo.

Partendo con l’orso, che nel 1999 è stato lentamente reintrodotto prelevando alcuni esemplari dalla Slovenia e inserendoli tra il Veneto e la Lombardia; promosso dal parco naturale Adamello Brenta, il progetto di ripopolamento Life Ursus è partito per l’appunto inserendo questi animali in una zona apposita pensata per la proliferazione. Ad oggi si stima la loro popolazione in 98 esemplari accertati geneticamente, ma tra nuovi nati e individui non censiti potremmo essere sui 120.

Nella catena alimentare, l’orso è un “ombrello”: essendo un animale onnivoro, che si ciba di carne come di vegetali, ha il compito di mantenere un equilibrio tra prede e predatori, che già dagli anni del progetto Life Ursus era sempre più fragile.

Proseguendo, Greco definisce con esattezza cosa si intende per “esemplare problematico“, aggettivo che si è riuscito ad attribuire grazie allo studio di questo progetto di ripopolamento.
Un esemplare problematico è un orso che ha perso la diffidenza nei confronti dell’uomo: normalmente l’orso tende ad essere schivo rispetto all’essere umano, questo esemplare invece perde la paura e spesso, come è successo, si avvicina ai centri urbani, percependo l’uomo non più come una minaccia, ma anzi a volte come una possibile fonte di cibo.

L’esperto racconta anche come lo svezzamento dell’orso sia secondo solo all’uomo, poiché mamma orsa ha bisogno di molto tempo per trasmettere il suo sapere ai cuccioli, e come questo influisca poi sul temperamento dei futuri adulti; infatti da un esemplare problematico si avranno cuccioli problematici, essendo l’orso un animale molto intelligente l’apprendimento nei primi anni di vita è un passaggio di informazioni costante.

In Valsassina alcuni esemplari negli ultimi anni hanno lasciato tracce: le ultime sono state trovate alla bocca di Olino, ripercorrendo gli stessi spostamenti dell’orso abbattuto alla croce di Crevesto a Primaluna, ma anche a Premaniga. Insomma, l’animale riconosce i luoghi dei suoi predecessori e storicamente, da alcuni testi recuperati, si capisce che la nostra valle sia stata un’ottima oasi per questi animali.

Il progetto Life Ursus prevede un ripopolamento della specie, senza più avere bisogno dell’intervento dell’uomo se non il monitoraggio, beneficiando un po’ tutti della presenza di questi animali selvaggi e affascinanti che arricchiscono la biodiversità dei nostri luoghi, anche se attualmente il progetto trova uno stallo dovuto al non spostamento delle femmine riproduttive, poiché mentre il maschio tende a muoversi in un’area vasta, la femmina di orso resta in una zona circoscritta e ideale per lo svezzamento; ideale per il successo del progetto sarebbe che alcuni esemplari femmina si spostassero, allargando così il territorio e aumentando esponenzialmente la capacità per questi animali.

Il naturalista conclude spiegando alcuni stratagemmi per difendersi dall’attacco dell’orso: per prima cosa bisogna stare tranquilli, non fare percepire ostilità, indietreggiare normalmente senza correre; l’orso non ha una vista sviluppata e si alza in piedi normalmente proprio per vedere meglio incuriosito, il più delle volte, se si sente minacciato e non è un “problematico”, tenderà ad eseguire un “falso attacco” per far allontanare i possibili pericoli, ma se dovesse attaccare realmente l’unica soluzione è proteggersi la testa e l’addome, a pancia in giù, mostrando solo la schiena e aumentando così le possibilità di sopravvivenza all’attacco del predatore.

Greco prosegue presentando poi il lupo: mentre per l’orso è stato attuato il progetto di ripopolamento, per quest’altro predatore, specializzato nel tenere sotto controllo il numero di ungulati ma senza disdegnare anche altre prede come lepri e altri piccoli erbivori, non c’è stato lo zampino dell’uomo.

Il lupo ha una dieta carnivora e, visto che negli ultimi anni il numero di prede è aumentato esponenzialmente, è sempre meno raro vedere cervi, caprioli, cinghiali, e tutte quelle che sono le pietanze succulente per questo carnivoro. Sempre in Valsassina, per testimoniare la presenza del lupo e dell’orso, la toponomastica e alcuni certificati di morte lasciano un ricordo di come il nostro territorio è sempre stato habitat di questi predatori. Basti pensare al nome di alcune località dei nostri paesi, o addirittura quella più lampante del Passo del lupo, per comprendere quanto questa specie, come quella precedente, era presente nel territorio. Nel 1.600 ci sono riscontri di come il quadrupede a volte era problematico e antropofago, cibandosi di giovani prede più semplici da predare, per cui ci sono riscontri di morti di giovani bambini o bambine che curavano i pascoli.

L’uomo, per ovviare al problema, aveva messo taglie ingenti su questi predatori, tant’è che gli ultimi lupi autoctoni in Italia sono stati uccisi negli anni ’40 in Sicilia. Tuttavia attualmente il lupo è una specie super protetta, che nella nostra regione si sviluppa in 21 branchi, secondo una stima, una specie che sta riprendendo la sua territorialità e la sua importanza nella piramide alimentare, portando benefici come l’orso.

La serata si conclude con un breve dibattito dettato dalla paura a volte motivata e altre volte infondata su queste due specie che hanno tanto da raccontare, e che ancora rapiscono grandi e piccini per la loro unicità. L’intervento di una signora porta alla luce come appunto la presenza di troppi ungulati sia controproducente per il suo orto, per la sua vite, e le sue piante da frutto, e si trova d’accordo sulla comparsa del lupo.

Lupo e orso, dove per alcuni potrebbero essere problematici, per altri potrebbero essere una soluzione.

Greco interpreta il tutto presentando un suo parere personale: “Penso che quando entro nel bosco, mi devo aspettare qualsiasi cosa, non sono a casa mia, e mi sta bene“. La riflessione finale fa ricordare che l’uomo non è indispensabile nella catena alimentare e nell’ecosistema e che spesso pensa con arroganza di portare una specie al massacro per i propri interessi, senza pensare ai reali danni che produce.

C. A. M.

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