DON STEFANO COMMENTA IL VANGELO NELLA FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA



Perché erano andati in Egitto? Per fuggire dalla pazzia di Erode, per scappare dalla morte. Hanno ricevuto il dono di essere stati avvertiti in sogno sulle intenzioni di Erode e hanno fatto tutto ciò che potevano per salvare la vita al loro figlio. Perché ritornano a Nazareth? Perché lì avrebbero trovato ciò che serviva per educare al meglio Gesù e aiutarlo a vivere la propria vocazione.

La vita del proprio figlio, per chi è genitore è il tesoro più grande cui tutto subordinare. Che il proprio figlio viva giustifica ogni fatica, ogni sofferenza, ogni rinuncia. Tanti genitori, come Maria e Giuseppe, non si accontentano di proteggere la vita fisica dei propri figli ma si spendono soprattutto perché sia una vita bella, vera, viva. Si lasciano spingere, sostenere, guidare dal sogno/desiderio che sia proprio così. Spesso non è così per altri, per molti motivi anche comprensibili o giustificabili. Alcuni pensano che sia un grande successo garantire ai figli una vita tranquilla, se non solo comoda.

Ci sono troppi genitori che non possono di fatto garantire nulla per i propri figli. Devono avventurarsi, devono rischiare, devono sottoporsi a sacrifici indescrivibili, devono elemosinare tutto, semplicemente per tenerli vivi.

Chissà per quanti giorni, quanti mesi, attraverso quali “avventure” anche Maria e Giuseppe si sono trovati proprio così! Se ci pensiamo ci commuoviamo magari chiedendoci se saremmo stati capaci di fare anche noi così…

Come non posso a questo punto della riflessione fare almeno un accenno alla strana schizofrenia che alcuni vivono? Comprendono, condividono, piangono per ciò che hanno vissuto Maria, Gesù e Giuseppe ma non sono per nulla attraversati da un brivido alla schiena pensando a quante migliaia e migliaia di persone vivono disperatamente e in vergognosa solitudine situazioni simili alle “fughe in Egitto”?

Poi mi chiedo: come hanno vissuto Maria, Giuseppe, Gesù il loro essere vivi e sopravvissuti? Come è diventato il loro sguardo sulla vita a partire dal fatto che sono scampati alla morte perché in un certo senso benedetti e “privilegiati”?

E non dovremmo tutti comprenderci come dei privilegiati? Se siamo in un certo senso anche noi dei sopravvissuti, come dovremmo guardare alla vita? Cosa dovremmo pensare della vita, di ciò che per la vita è indispensabile? Come dovrebbe essere il nostro sguardo verso chi non ha il privilegio di potersi dedicare anche alla qualità della vita?  Forse dobbiamo sentirci in debito nei confronti di chi non ha alcune delle nostre possibilità. Se tutto ciò che abbiamo e possiamo ci è stato donato forse dovremmo darci un po’ da fare perché tutti abbiano le stesse nostre opportunità.

Preghiamo perché nelle nostre famiglie ci aiutiamo reciprocamente a fare in modo che la vita per ciascuno sia davvero piena, bella, e perché tutti arriviamo a sentirci addosso la santa responsabilità di fare il possibile perché tutte, davvero tutte le famiglie del mondo la abbiano così.

,

Don Stefano Colombo
Casa Paolo VI – Concenedo

 

 

 

 

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