Ha fatto parlare parecchio l’iniziativa barziese di coinvolgere i migranti ospitati in paese in attività di volontariato utili alla collettività. Ben accolto dai più, assai ben visto e accettato dalla comunità ospitante, oltre che parlare ci aspettavamo che il protocollo attivato tra prefettura, Coe e palazzo Manzoni potesse anche far discutere, aprire cioè a riflessioni più ampie, ma soprattutto potesse essere preso come riferimento da altre realtà nelle medesime situazioni. Come anche auspicarono molti nostri lettori.
In questo senso il nostro giornale si espresse in tempi non sospetti segnalando che i sindaci della bergamasca, capoluogo in testa, si attivarono al fine di consentire ai rifugiati di lavorare al fianco degli operatori comunali.
Barzio in quei giorni già guardava in quella direzione: presi accordi informali col prefetto e con la direzione del Coe, non restava che convertire l’idea in realtà. In una decina di giorni venne superata la temibile burocrazia italica ed il protocollo prese il via.
I più soddisfatti si rivelarono essere proprio i migranti. Qualcuno di loro intraprese tale impiegno volontario come ringraziamento per l’ospitalità ricevuta e un passo verso l’integrazione. Per altri la proposta di fare qualcosa fu accettata semplicemente per avere un motivo per trascorrere le giornate e alleggerire l’attesa di conoscere cosa ne sarà del proprio futuro.
Ben consapevoli che lavorare per il paese potrà un giorno aiutarli nella ricerca di un lavoro, è stata subito sopita, invece, la speranza dei migranti che questo impegno potesse in qualche modo favorire il riconoscimento dell’asilo. E ormai sono due settimane che giornalmente i volontari collaborano con gli operatori del comune.
L’esperienza barziese però è rimasta tale. Un caso unico, quasi un’eccezione. Nessun altro in provincia sembra avere intenzione di seguirne l’esempio. Eppure la strada è stata tracciata: l’amministrazione barziese ha mostrato la fattibilità e la prefettura ha subito dato il proprio assenso.
Cosa dunque frena le altre amministrazioni? Forse in questi comuni le risorse interne sono più che sufficienti per la cura del bene pubblico? Oppure sono gli enti che gestiscono i migranti a non essere disponibili? Certo potrebbero essere anche gli stessi richiedenti asilo a non mostrare alcuna intenzione di darsi da fare. O ancora sindaci e assessori preferiscono non muoversi per proteggere i profughi dalla cittadinanza mal disposta verso questa iniziativa…
E se invece il disinteresse degli altri amministratori valsassinesi e lecchesi facesse gioco con le interminabili e spesso eccessive polemiche attorno alla presenza di “mantenuti di stato”? D’altronde è risaputo che in tempi difficili uno spauracchio per distogliere l’attenzione dai problemi reali fa sempre comodo.
Ai diretti interessati l’opportunità di smentirci. Ne saremmo estremamente sollevati.
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LA LETTERA A BN: ”FAR FARE QUALCOSA
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