Consideriamo prima il messaggio originale della parabola: oggi non sono davvero pochi quelli che considerano il Vangelo e la missione di Gesù un fallimento! Altri, con apparente benevolenza, considerano il Vangelo un utopia. A sostegno delle loro tesi, gli uni e gli altri adducono catene di fatti che non si possono smentire: che, dopo duemila anni, i cristiani sono oggi nel mondo una minoranza; che questa stessa minoranza è smembrata in chiese e chiesuole assai distanti tra loro su punti essenziali; che troppo spesso, nel passato e nel presente, le Chiese cristiane hanno fatto della fede uno strumento di guerra e di sopraffazione. Nè si ferma qui il possibile elenco delle colpe dei cristiani,che tutti noi in qualche modo partecipiamo.
C’è però da chiedersi:la divina validità del messaggio evangelico può essere annullata dalle colpe dei cristiani? Si può sostenere con sicurezza che, se gli individui e la società rinunziassero ai valori evangelici,si aprirebbe per loro un avvenire più degno e più alto?
Il dialogo tra Gesù e i discepoli ci dice che l’ accettazione e la pratica del Vangelo di Gesù non è il frutto del puro cammino della storia, non è cioè un puro sviluppo di civiltà.
Il vangelo può essere accolto e può fruttare solo se l’ uomo non si illude di essere egli stesso l’ assoluto! Dove si è cancellata la stessa possibilità di Dio, non c’è posto per il Vangelo questo disse Gesù quando spiegò ai discepoli perché egli parlava in parabole.
È la spiegazione che Gesù stesso dà della parabola del seminatore:insiste nel ricordarci che il semplice annunzio del Vangelo non garantisce il suo successo. Nella stessa parabola è anzi previsto che tale annunzio, troppe volte e per diverse circostanze sarà fatto in vano.
Ciò vuol dire che la fecondità o meno del Vangelo dipende dal modo come ognuno di noi lo accoglie.
Vangelo, Mt 13, 3 – 23
Don Graziano Bertolotti vicario parrocchiale