TRA I PIONIERI DELLE CURE GENICHE PER I BAMBINI C’E’ ERIKA DI PREMANA



La notizia è di quelle di peso e non a caso se ne sono occupati giornali di tutto il mondo (tra i quali Repubblica, sotto). Nella home page di Telethon uno speciale sulla terapia genica illustra quella che è definita la scoperta scientifica dell’anno. Per la prima volta al mondo infatti si aprono concrete speranze di cura per la leucodistrofia metacromatica e la sindrome di Wiskott-Aldrich, due malattie rare che possono colpire i bambini. Metodo che ha la particolarità di aver trasformato un mostro come il temutissimo virus dell’Hiv, in docile cavalier servente, capace di diffondere il gene corretto in tutto il corpo.

Ci sono voluti 15 anni di ricerca e alla fine, durante la sperimentazione, sono guariti sei bambini. La terapia è stata perfezionata al San Raffaele di Milano con il progetto Tiget diretto da Luigi Naldini, grazie ai fondi di Telethon. Un gruppo di ricercatori, coordinato da Eugenio Montini, si è occupato di leucodistrofia metacromatica. Tra loro lavora una giovane di  Premana, Erika Tenderini, 31 anni, che abbiamo raggiunto per una chiacchierata.

Fantascienza per chi non è del campo ma Erika determinata, umile e sorridente si è resa disponibile per chiarirci un po’ le idee.

Puoi spiegarci, in parole semplici, gli elementi essenziali di questa scoperta?   "Si parte dal virus dell’HIV che viene lavorato in laboratorio, smontato dalle parti dannose e quindi al suo interno è inserito il gene terapeutico. Dopo di che si prelevano le cellule staminali dal midollo del paziente e si infettano con il Virus ingegnerizzato. Le cellule così modificate vengono infine reinfuse nell’organismo e iniziano a generare cellule figlie che curano il piccolo paziente."

Detto così sembra "semplice"… in realtà è un progetto che parte da lontano, giusto?  "Esatto sono diversi anni che Telethon si muove in questa direzione ed ora siamo arrivati a questo importante traguardo. Personalmente ho preso parte al progetto da marzo, mi sono trovata subito a mio agio perché ho trovato un ambiente aperto, in cui vengono prese in considerazione le opinioni di tutti. Inoltre è indescrivibile l’emozione provata quando alla conferenza stampa dell’11 luglio i genitori di un bambino americano che abbiamo curato ci hanno detto "avete salvato la vita a nostro figlio".

Direi un bel risultato quindi per tutto il gruppo, ma anche per te, come sei riuscita ad avvicinarti a questa esperienza?  "Diciamo che ho avuto un percorso un po’ particolare perché prima mi sono diplomata come perito informatico e ho lavorato come impiegata, ma ho voluto fare l’università e mi sono laureata in Biologia. Dopo di che ho lavorato alla Nostra Famiglia di Bosisio Parini, mentre da marzo sono entrata nell’istituto TIGET al San Raffaele di MIlano. Inoltre nel tempo libero scrivo di scienza sul magazine on-line Sapiens 2.0 "

Ti piace il tuo lavoro?  "Certamente, mi regala emozioni pazzesche, anche se è impegnativo e quando sei in laboratorio non puoi certo guardare l’orologio per aspettare che finisca la giornata. Le cose da fare sono tante e comunque non è che puoi proprio uscire prima che una reazione si sia compiuta…"

In Italia si denuncia spesso che la ricerca sia una cenerentola, economicamente maltrattata, che ne pensi?  "Ho la fortuna di lavorare per Telethon che è un’isola felice da questo punto di vista, anche se i contratti sono comunque a tempo"

E non hai mai pensato di andare all’estero?
  Forse sì, ma sono italiana e nel mio piccolo voglio dare il mio aiuto alla ricerca Italiana. Vorrei che l’Italia diventasse un’eccellenza in questo campo, anche per questo siamo orgogliosi di questa ricerca.

Un’ultima cosa, Erika, sfatiamo insieme il cliché del "ricercatore solo studioso e nel suo mondo"? Che ci dici di te fuori dal laboratorio?  “Mi piacciono i libri e lo studio non posso dire di no, ma fuori dal laboratrorio c’è anche molto altro. Ho due grandissime passioni: fin da bambina la pallavolo, che mi ha insegnato molto su come sia fantastico il lavoro di squadra, e le passaeggiate tra le nostre bellissime montagne insieme a due fedelissimi compagni di vita, mio marito Simone, che ringrazio col cuore per il supporto, e la mia cagnolina Bijoux”

 

 

Nelle foto: Erika con la sua squadra di pallavolo e sotto con il marito Simone e la simpatica Bijoux

Articolo di La Repubblica. Nella foto centrale, tra i ricercatori alle spalle di Eugenio Montini anche la Premanese Erika

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Leggi anche l’articolo su lastampa.it 

 

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