Filo conduttore della rubrica di questa domenica mattina: le strade. Dalla vicenda sempre ingarbugliatissima della via per la Val Biandino alla direzione che cercano di prendere il Popolo della Libertà di Lecco (difficile, stante la "guerra" aperta tra fazioni) al cammino ricco di complicazioni dei Democratici – in questo caso non solo locali.
Eccovi tre "amenità" nel più puro Ciceruacchio-style:
* Introbio è il paese dove, non di rado, si diffondono delle palle colossali, salvo poi smentirle quando i buoi sono già scappati.
L’ultima riguarda la strada che sale in Biandino che, secondo il TAR di Milano sarebbe di proprietà dell’impresa Bregaglio di Lecco (il borgomastro Fernando Rupani ha tardivamente smentito).
Nulla di più falso per la banale ragione che il TAR sentenzia solamente su provvedimenti della pubblica amministrazione, quindi, nel caso specifico, si è limitato a sancire che la strada non è agro-silvo-pastorale, diversamente da quanto stabilito, erroneamente e a catena, dal comune di Introbio fino alla Regione.
La proprietà della strada, invece, è “consortile”, secondo quanto recita la sentenza della Corte d’Appello di Milano, passata in giudicato.
Per consortile la Corte precisa che i mappali pertinenti, sono intestati a soggetti pubblici (comuni di Introbio e di Primaluna) e privati, tra i quali anche, ma non solo, l’impresa Bregaglio.
Questa è la verità di tutto il contesto storico-giuridico di cui, peraltro, è a conoscenza anche lo studio legale che patrocina il Domune, e che ora dovrebbe diradare l’imperante cortina fumogena su questa amenità, alimentata abilmente ad arte.
Per dovere di completezza, va anche detto che i ponti che vi insistono, di proprietà demaniale, non sono per nulla collaudati e, da autorevoli indiscrezioni, non sono messi bene di salute (le diagnosi svolte ufficiosamente le potrei anche dettagliare).
Il problema è ora di capire che gioco sta giocando la maggioranza che governa Introbio e, in particolare, da che parte sta in questa vicenda il cui pendolo oscilla tra un interesse esclusivamente privato e quello, un po’ più nobile, che riguarda la collettività.
* Tanto per cambiare un nuovo tornado si è abbattuto nel feudo lecchese di Cetto La Qualunque al cui governo il nostro ha insediato la fedelissima Michela Brambilla.
Il casino è nato quando l’ex ministra ha indicato i criteri meritocratici e di trasparenza che riguardano chi ambisce a governare le società pubbliche invitando, chi professionalmente avesse i requisiti necessari, ad inviare il curricula al partito.
Regole di buon senso che, però, su questa sponda del Lario, non sono particolarmente gradite dai notabili PDL. Non a caso sono subito insorti Mauro Piazza (“il partito non è una casella postale dove arrivano i curricula degli aspiranti amministratori) e Daniele Nava (“i curricula sono di competenza della provincia e dei sindaci”).
In ogni caso facendo finta di non sapere che le nomine le fanno solo i partiti con l’ausilio dell’intramontabile “manuale Cencelli”.
Nava si è spinto oltre accusando la Brambilla di non avere adottato criteri meritocratici quando si trattò di nominare i consiglieri dell’ACI nazionale con, tra i possibili candidati, il marito.
“Calumet” si è prontamente beccato una denuncia per accuse false e diffamatorie. E al riguardo l’ex-ministra argomenta che queste nomine vengono fatte dagli ACI territoriali e che il marito non centra una bella mazza perchè non fa parte del consiglio.
Carte bollate a parte è anche giusto dire che nel PDL si fanno strada diversi amministratori, stanchi di questa cattiva immagine del partito, e stanno dalla parte della Brambilla.
La quale ora conta, come suo "segretario particolare", su nientepopòdimenochè Bruno Colombo, in forma sempre più smagliante e pronto a risalire la perigliosa china del comando.
* In casa PD la situazione non è per niente migliore. I massimi dirigenti del partito lecchese si sono riuniti per studiare il modo per risolvere due grossi problemi: la progressiva diminuzione degli iscritti e il forte fermento della base contro le scelte politiche nazionali.
Alla fin della fiera, il tutto viene liquidato con questa sentenza: l’”innaturale” alleanza col PDL nel governo di Letta.
Per amor patrio si omette di dire che questo governo è stato abilmente voluto e pianificato, trasversalmente, da diversi notabili “vecchi” e “nuovi” segando, inesorabilmente, prima Bersani, l’unico politico coerente di tutta questa brutta vicenda, poi le candidature di Marini e, più grave ancora, quella di Prodi. E Letta, guarda caso, è diventato presidente del Consiglio.
L’altra amenità è il concetto di “innaturale” ascritto al governo col PDL, quando il peccato originale di tutto è l’”innaturalità” della fusione tra PDS e Margherita. Che è la versione peggiore del “compromesso storico” di Moro-Andreotti-Berlinguer.
E la forte presenza nel governo dei democristiani del PD ne è la prova provata. Che ci sia poi anche qualcuno di sinistra, è solo la classica foglia di fico sulla marenda.
Che la base sia incazzata è, quindi, l’ovvia conseguenza, come pure il calo delle tessere.
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Angelo Brunetti detto Ciceruacchio (Roma, settembre 1800 – Porto Tolle, 10 agosto 1849) fu un oste e un patriota italiano, che combatté per la seconda Repubblica romana, alla cui caduta fuggì con Giuseppe Garibaldi per raggiungere Venezia. Il soprannome ciceruacchio, datogli da bambino, è la corruzione dell’originale romanesco ciruacchiotto (grassottello).
[da Wikipedia.it]