Era il marzo di due anni fa, quando emersero indiscrezioni che scatenarono reazioni (alcune anche all’insegna di un razzismo nemmeno troppo dissimulato): paura, proteste, polemiche. Sembrava che dovesse riversarsi sull’Italia, sulla Lombardia e in particolare in Valsassina una vera ondata di profughi. E quando venne effettuato un sopralluogo a casa Giglio in Muggiasca – dove pareva dovessero essere collocati addirittura 150 persone, si sfiorò la rivolta. Poi il fenomeno si rivelò quello che era in realtà: un’operazione di accoglienza e assistenza che portò in zona poche decine di cittadini africani, uomini pacifici e ben integrati nel giro di poco tempo. Sedici giunsero a Barzio dove sono stati "assorbiti" con grande serenità grazie soprattutto all’opera concreta del COE.
Ed è proprio qui che abbiamo trovato le tracce di "quel che rimane" di quella presuna ondata di immigrazione. Dei 16 profughi arrivati in Altopiano ora al Centro Orientamento Educativo di via Milano ne restano cinque. "La maggior parte se n’è andata nel tempo – ci raccontano nella sede barziese – li abbiamo salutati con gioia perché quasi tutti avevano trovato nel frattempo una sistemazione. Ma anche chi rimane da noi è a posto, grazie soprattutto a borse lavoro (della Carsana) e contratti, anche se a termine. Quattro lavorano regolarmente mentre uno è in convalescenza; la situazione insomma è buona anche se come detto gli impieghi non sono a tempo indeterminato".
Non lontano da qui, a Ballabio, c’è una coppia di "rifugiati", accolta dalla parrocchia. E anche in questo caso una borsa lavoro attivata dalla Caritas sta aiutando l’inserimento di un cittadino nigeriano, attualmente assunto in un’officina lecchese. Il che "sistema" una famiglia intera: la coppia formata da Samson ed Else [nella foto a destra] spera di riuscire a ricongiungersi con la propria bambina, ancora nel paese di origine.
Più complessa la situazione a Casargo, dove dei dodici profughi ospitati nell’ex asilo infantile – gestito dal locale Ente Morale – ne è rimasta circa la metà. per questi giovani non ci sono al momento certezze se non quella di una sorta di "buonuscita" e una pacca sulla spalla. la maggior parte comunque si sposterà nei prossimi giorni verso Milano e al Sud, in cerca di lavoro.
Insomma, il famoso 28 febbraio indicato in rosso nell’agenda di tante persone sfortunate, finite in Italia a causa di guerre e crisi internazionali, fa paura solo a pochi. Ancora una volta, perdonate la retorica, il nostro paese ha brillato per solidarietà e concretezza. Chi crede, è convinto che questo sarà "ripagato", a lungo termine; più laicamente altri guardano alle cose con praticità. E constatano come una situazione apparentemente drammatica sia stata gestita in modo efficace e positivo, grazie agli sforzi di tanti soggetti e – verrebbe da dire – nonostante le ataviche paure di chi ha urlato alla luna. Come spesso accade, per nulla.
DAL NOSTRO ARCHIVIO:
Barzio: un piccolo paese capace di dare tanto
Scritto da: Anna Rosa – 20/10/2011
"Una nuova famiglia, dove ho trovato persone per bene che si sono occupate di me". Questo il COE per Thomas Nidha Tonye e compagni, i 16 giovani lavoratori originari del Mali, della Nigeria, della Costa d’Avorio, dal Sudan e dal Camerun, che a Barzio vivono da 6 e 5 mesi e che al Centro Orientamento Educativo di Via Milano hanno trovato una seconda casa.
COE: Sei mesi insieme ai profughi
Scritto da: Anna Rosa – 18/10/2011
All’insegna dell’accoglienza che caratterizza e contraddistingue lo storico Centro Orientamento Educativo di Barzio, voluto nel 1959 da un indimenticato Don Francesco Pedretti, la comunità festeggia i 16 profughi africani che a Barzio da sei mesi hanno trovato asilo e una reale seconda casa.
Profughi al COE: i dettagli
Scritto da: Redazione Barzio – 03/05/2011
Sette, tutti maschi adulti, in arrivo con ogni probabilità nel pomeriggio di oggi e destinati a rimanere in paese per circa due mesi.