Continuando con la nostra rubrica sul dialetto (in questo caso quello premanese), abbiamo consultato uno degli esperti più accreditati del territorio: Antonio Bellati, autore di diversi libri sull’argomento, tra cui il Dizionario dialettale etnografico di Premana. "Il dialetto è indubbiamente il veicolo principale per trasmettere usi, costumi, tradizioni, quotidianità di un determinato gruppo umano. E, dicendo così, intendo sia un gruppo grande, come ad esempio la Lombardia Nord Occidentale, ma anche i gruppi piccoli che in pratica si identificano spesso con i singoli paesi" afferma Bellati.
Lo scrittore considera il dialetto il principale "museo" per conoscere e trasmettere tutto il passato e le caratteristiche peculiari di una determinata comunità.
Alla domanda del perché a Premana il dialetto sia cosi diffuso, Bellati risponde spiegando che essendo il paese più isolato, automaticamente è il più conservatore sia per la lingua che per altre tradizioni.
"Un’altra ragione della conservazione del dialetto sta nel carattere fortemente identitario della popolazione, che, si badi bene, non è chiusa e non lo è mai stata, ma che nei secoli si è creata una specificità di vita molto forte che ancora si sforza di conservare, non per folklore, ma per caratterizzare ancora oggi il proprio stile di vita" commenta lo scrittore premanese.
Molto spesso si sente parlare delle differenze tra i "dialetti" parlati in Valle, differenze che secondo Antonio Bellati sono "minime" se si considera il corpus totale dei vocaboli utilizzati.
"Se si va nei dettagli, considerando non solo i vocaboli usati, ma la grandissima modularità dell’accentazione e delle pronunce delle finali di parola, bisogna dire che ogni paese o quasi ha (o meglio aveva, perché l’ultimo secolo ha di molto cambiato le carte in tavola, uniformando le parlate e riducendo le diversità) il proprio dialetto" e questa realtà, commenta Bellati, "è tanto più forte quanto più, in passato, il singolo paese era isolato dagli altri."
La diversità, oltre dall’accentazione diversa e dalle diverse uscite delle finali è data soprattutto dai modi di dire, che in passato erano la vera ossatura delle parlate locali.
"Il dialetto è un valore e come tale va mantenuto. Ma non può continuare ad esistere se manca il contesto, lo stile del vivere, il complesso valoriale nel quale il dialetto è nato e cresciuto e si è modificato" conclude Bellati, "è una creatura viva, che sa anche adeguarsi alle nuove esigenze (compiüter, fail, clicà, svolatróon – elicottero).
Quando il dialetto non avrà più ragion d’essere per il fatto che non sarà più in grado di tradurre in parola la quotidianità, il dialetto morirà e nessun inghippo riuscirà a tenerlo in vita.
Proprio dal dizionario etnografico dialettale di Premana estraiamo alcune curiosità; per esempio, il nome di alcuni degli animali che erano presenti nelle case dei premanesi per dare loro sostento. Vi lasciamo un piccolo campionario di nomi di mucche, capre e pecore.
Le mucche: Ambra, Alpina, Astra, Ardèa, Balìin, Bélva, Binda, Bruna, Idro, Inter, Nègüs, Savòia, Zara.
Oppure le capre: Garòfol, Lèor, Nèbie, Sajòtol, Sparse, Stelìin.
Per le pecore vi lasciamo la traduzione delle diverse denominazioni:
agnél,agnelòt: angello, agnellon
caisèl: agnello di un anno
barochèl: giovane montone
baar: montone
pègore: pecora
pègore dal bürelòt: pecora che porta il campanaccio
tattòne: pecora corpobranco
pègore nègre: pecora nera
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Antonio Bellati è nato a Premana nel 1941.
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