”Ciamel amuur” dall’ultimo cd di DVDS a una storia valsassinese di fine guerra



"Ciamel amuur" la penultima traccia dell’ultimo Cd del cantautore laghee, con una vena poetica, Davide Van De Sfroos racconta con parole struggenti ed in prima persona, come l’indimenticato Faber amava fare, una storia d’amore incondizionato durante la fine del secondo conflitto mondiale. Un periodo buio che ha inevitabilmente coinvolto anche la Valsassina nel quale troviamo una storia realmente accaduta e molto simile a quella magistralmente raccontata dal Davide nostrano.

Introbio, Silvia una bella ragazza – mora occhi verdi – in età da marito come si usava dire. L’amore fortunatamente non si ferma neanche quando l’intera Europa è coinvolta nella più sanguinosa e terribile guerra del passato secolo e si posa come una piuma portata dal vento a metà strada tra le vite di Silvia e di Vittorio. Questa bella ragazza "parlava" ( ermine che i nostri nonni usavano per descrivere i fidanzamenti) a quel giovane: lo vedeva così valoroso, così fascinoso e gentile con la sua camicia nera, un amore non capito e forse poco accettato dal resto del paese che ad un certo punto si è rivelato scomodo per la giovane introbiese.

Fortunatamente i sentimenti non hanno colori o bandiere e proprio mentre la storia volge dalla parte dei resistenti italiani l’amore tra Silvia e Vittorio diventa sempre più solido ed esplicito. Purtroppo agli occhi dei partigiani quel rapporto fa cadere lei in una cattiva luce, soprattutto visto il contributo alla resistenza dato da Francesco, fratello di Silvia. La storia introbiese e le parole di Davide Van De Sfroos si intreccano sempre più quando i partigiani fanno visita a Silvia. La vergogna dell’amore traditore muove le loro mani: dopo l’irruzione nella sua casa alla giovane vengono rasati i capelli a zero, verniciata la testa di rosso con vernice al minio e viene portata in piazza per rendere in qualche modo pubblica questa inaccettabile vergogna ai loro occhi. Il tutto perpetrato grazie anche al fatto che Francesco era lontano da casa, rivestendo un’importante carica nelle lotte sulle montagne valsassinesi.

La guerra finisce, gli animi si calmano e la Valle torna lentamente alla normalità, ma non la sfortunata protagonista. Ancora malvista e marchiata per sempre decide di andarsene dalla sua Introbio e di trasferirsi nel lecchese dove riuscirà a vivere una lunga vita tranquilla.

La storia nella canzone "Ciamel amuur" è in parte diversa e forse in qualche modo più triste di quella di Silvia, la donna raccontata da Davide è costretta a prostituirsi per sopravvivere nel tentativo di fermare gli aguzzini del suo innamorato. Nonostante qualche differenza questa triste pagina di storia ha trovato un posto nella nostra Valle riportando alla realtà parole spesso solo lette su un libro di scuola. Dopo anni di ottimi dischi Van De Sfroos ha abituato i suoi fans a bellissimi racconti che parlano della vita normale e quotidiana dei nostri paesi, di storie come questa: una luce che è riuscita a scaldare la Valle anche nel buio della guerra.
 

Sotto il testo con la traduzione di "Ciamel amuur"

Per datt el teemp de scapà
ho pruà a fermai cun la go na bèla
l’ünica che gh’eri in teemp de guèra

Per datt el teemp de ruà al cunfin
quela gona la s’è svutzada
anca se gh’era mea de veent

Faseven ropp che pensavi mai
senza gnanca tirà fëe i stivaij
gh’eri pagüüra ma disevi "dai"

Vardavi el müür cun pugiaa i füsiil
e quanti suddà tücc in un fieniil
e gh’eri vergogna a vardà’l campaniil

Te, ciàmel amuur
anca se l’eet mai savüü
te ciàmel amuur
anca se t’ho piëe vedüü
ciàmel amuur
ciàmel amuur
ciàmel amuur
o ciàmel nagott

L’è sta dificil circulà in paees i
me cundanaven senza dill
de nocc quaivedoen ruava là al fienil

E me ho imparà a diventà ‘n sass
a supurtà qualsiasi pass
a rutulà senza lamentass

Faseven ropp che pensavi mai
e gh’eren suriis che me pareven taj
e i me resànn pudevi mea spiegai

E fa nagott se m’hann tajà i cavej
fa nagott se m’hann s’cepaa l’umbriia
se questa ca’ po piëe vess la mia

Cun quanti lacrim ho bagnaa sto fee
ma ho sentü dii che te ste et bee
in quel paes insema ai furestee

Te ciàmel amuur
anca se l’hann mai capii
per piasè ciàmel amuur
anca se me l’ho mai dii
Ciàmel amuur
ciàmel amuur
ciamum amuur

 

Per darti il tempo di scappare
Ho provato a fermarli con la gonna bella,
l’unica che avevo in tempo di guerra

Per darti il tempo di arrivare al confine
quella gonna si è alzata,
anche se non c’era vento.

Facevano cose che non avrei pensato mai,
senza neanche togliersi gli stivali,
avevo paura, ma dicevo “dai!”

Guardavo il muro con poggiati i fucili,
e quanti soldati, tutto in un fienile
e avevo vergogna di guardare il campanile.

Tu chiamalo amore,
anche se non l’hai mai saputo,
chiamalo amore,
anche se non ti ho più visto.
Chiamalo amore,
chiamalo amore,
chiamalo amore
… o non chiamarlo per niente!

E’ stato difficile circolare in paese,
mi condannavano senza dirlo,
di notte qualcuno veniva al fienile.

E ho imparato a farmi sasso,
a sopportare qualsiasi passo,
a rotolare senza lamentarmi.

Facevano cose che non avrei pensato mai
E avevano sorrisi che sembravano tagli,
e non potevo spiegare le mie ragioni.

Fa niente se mi hanno tagliato i capelli,
fa niente se mi hanno frantumato l’ombra,
se questa casa non può più essere la mia.

Con quante lacrime ho bagnato questo fieno,
ma ho sentito dire che stai bene
in quel paese assieme a forestieri.

Tu chiamalo amore,
anche se non l’hanno mai capito.
Per piacere, chiamalo amore,
anche se io non te l’ho mai detto.
Chiamalo amore,
chiamalo amore
… chiamami amore”.

 

 

 

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