“Se vi ho parlato di cose della terra, e non credete, come credereste se vi parlerò di cose del cielo?”, così dice Gesù alla fine del Vangelo di questa domenica. La religione, la fede non è un insieme di precetti, una polizza di assicurazione contro l’ inferno, la misera preoccupazione di essere sempre in regola: ecco cosa è la fede per alcuni.
Ma è proprio questo il valore delle Leggi Sante di Dio?
Sappiamo in tanto che oggi c’è vento di fronda contro i Comandamenti di Dio, contro le leggi della Chiesa.
Si ritiene che imprigionino la libertà, la religione – dicono alcuni – non può camminare sui binari rigidi delle leggi, che mortificano la fede, le tolgono la spontaneità, la freschezza, il dinamismo, che ognuno vuole e che deve imprimere alla propria vita interiore. È facile rispondere che la legge non soffoca la libertà e l’ amore, la legge è un aiuto, una garanzia dello stesso rapporto personale con Dio.
Le norme cristiane non sono delle segnalazioni stradali, ma sono piene di attenzione per noi, affinché i sentimenti del momento non ostacolino il nostro rapporto con Dio. Con la legge, Dio si fa nostro amabile compagno di viaggio.
La legge di Dio non ci toglie la libertà anzi ci restituisce quel decoro e quella libertà interiore che perdiamo ogni volta che voltiamo le spalle a Dio.
La legge di Dio è la nostra bussola: chi è nemico delle leggi di Dio, è nemico della vita, della moralità, della società e in fondo a tutto, è nemico di se stesso.
La fedeltà alla legge di Dio tuttavia ha sempre asssediato la coscienza dell’uomo, è una ruggine antica, come quella del peccato. Sappiamo che al tempo di Gesù, il formalismo religioso trionfava. Gesù non tollerò mai il formalismo che i Farisei avevano esteso a tutto, dal culto ai cibi. Il formalismo è una forma bella e buona di ipocrisia, perché bada più alle forme che alla sostanza. Il formalismo ci fa uscire dalla verità e ci introduce nella falsità. Prima che mentire agli altri, ci fa mentire a noi stessi. Avviene una specie di sdoppiamento della nostra persona: c’è una persona reale, e una apparente. La prima nascosta dalla seconda. La società dovrebbe aiutarci a vivere senza maschere, ma forse chiediamo troppo a una società che abbiamo contribuito noi stessi a plasmare e che ha tanta pietà di se stessa.
Quersta mancanza di sincerità con il prossimo è la conseguenza della nostra mancanza di sincerità con Dio. E qui si innervano tutti i contorcimenti della nostra coscienza, tutte le ipocrisie della vita.
Il “camminare continuamente su un tappeto di bugie”. Con gli altri possiamo anche recitare, l’abilità non ci manca, ma con Dio no! Dio sente i nostri pensieri, misura le nostre intenzioni, sa valuare fino a che punto coincide quello che facciamo con quello che abbiamo nel cuore.
Facciamo dunque spazio alla sincerità con noi stessi, se vogliamo conservare la nostra dignità di uomini e di cristiani!
Don Graziano vicario parrocchiale
3a domenica dopo il Martirio di san Giovanni “B”
Gv 3, 1 – 13