BARZIO – Apprezzatissimo il Bratislava Boys Choir che ieri sera nella chiesa di Sant’Alessandro ha inaugurato la 45esima Rassegna Organistica Valsassinese. Le voci di uno tra i più apprezzati cori giovanili d’Europa hanno incantato la platea proponendo un programma eterogeneo e capace di mettere in risalto tutte le loro qualità e dopo l’esibizione lecchese di pochi giorni fa sono arrivati i complimenti per l’acustica offerta dalla parrocchiale barziese.
Una serata d’apertura che meglio non poteva introdurre il cartellone del festival di musica organistica che animerà i fine settimana di luglio per entrare poi nel vivo ad agosto. > Scopri di più
Nel contributo di Sergio Ragaini le emozioni di ieri sera:
Una nuova rassegna organistica: come sempre, è un evento importante. Non nuovo, perché si tratta di un evento che si ripete tutti gli anni e che ormai vede il numero 45 nel suo progressivo. Tuttavia ogni cosa può essere “nuova”, nel senso che non è mai uguale a sé stessa, perché il tempo stesso cambia le cose e genera mutamento.
Quindi anche quest’anno l’evento ritorna ma in modo diverso, davvero nuovo. E il “nuovo” è anche apertura al futuro, ad un futuro musicale che appare anche in un discorso generazionale, oltre che ad un allargamento dei propri orizzonti, per scoprire che, davvero, la Musica non ha confini, non ha spazio né tempo, e nella Musica stessa tutto si ritrova, in un istante, completamente nuovo.
Per inaugurare la rassegna un gruppo vocale di giovanissimi. Da un mondo culturale particolare: la Slovacchia. Una realtà che unisce in un momento (musicale, oltre che culturale), il mondo dell’Est Europa con quella tradizione Mitteleuropea, che tanto ha fatto grandi la musica e la cultura. Il “Bratislava Boys Choir”, forse uno dei gruppi vocali giovanili più importanti del mondo, ci ha regalato emozioni musicali davvero notevoli, che hanno aperto orizzonti sconosciuti, per ritrovarci, anche in ciò che è noto, comunque diversi, con nuove prospettive dentro di noi. Accade sempre così, quando si allargano le proprie prospettive: il noto ci appare sotto una prospettiva diversa, più grande.
E così è stato. Anche nel programma: un programma che ha saputo unire mondi e tradizioni musicali, saltando da un’epoca storica ad un’altra. Forse per farci capire che la Musica non ha confini, e anche noi non ne abbiamo: di fatto, siamo ovunque lo vogliamo, e dove l’animo musicale ci sa portare.
Un inizio e una fine in “stile antico”, con il gruppo che è entrato e uscito con brani del XVI Secolo. Ma la Musica è così: risuona e smette di risuonare, e tuttavia, in noi, continua a risuonare con bellezza ed armonia.
Poi spazio al resto. Un resto che, da Couperin, ci porta nella terra del Gruppo, in quel Mondo Ceco e Slovacco che attraversa le epoche. E che ci ha condotti da Simon Brixi a Dvorak, sino al contemporaneo nemmeno quarantenne Lubos Bernath e al solo quarantacinquenne Stanislav Surin, il cui “Gloria” dalla “Tirnavia Mass” getta un occhio alla tradizione classica, con uno sguardo molto bello al futuro . Passando per Franz Xaver Tost, compositore austriaco a cavallo tra 1.700 e 1.800, per segnare una continuità tra mondi, e per dirci che la Slovacchia e la Boemia sono legate a quella tradizione culturale austro-ungarica che fonde in qualche modo Est e Ovest in un unico abbraccio musicale. Qui è riecheggiata anche la bella voce del soprano Miriam Garajova, dalla voce nitida, luminosa, plastica, capace di adattarsi a diverse sonorità, comprese quelle dell’interessante “Ave Verum” del citato Lubos Bernath, dove le armonie sembravano allontanarsi da uno schema “classico”, per poi ritrovarsi di colpo lì, nella tonalità che conosciamo, dove il pianoforte, che prima sembrava discostarsi dalla vocalità, ad essa si riunisce, divenendone quasi un tutt’uno.
In mezzo a questi brani, un altro viaggio musicale, tra autori più o meno noti. Spazio a Gabriel Faurè con due brani, tra i quali è stato bello risentire l’interessante “Cantique de Jean Racine”, dove il pianoforte sembra seguire una linea sua, lontana dalle voci, intersecandosi comunque con queste, nell’armonia di qualcosa di speciale. Da rimarcare il “Mille Cherubini in Coro” di Franz Schubert, dove un giovanissimo solista ci ha davvero “incantato” con la sua voce, limpida e cristallina, che pareva stagliarsi sopra la Musica stessa, diventando una sorta di “Musica al di là del suono”. E dove il suono stesso appariva sublimato, in qualcosa che è stato bello ascoltare e percepire. Poi, largo alle sonorità quasi “enigmatiche” di Arvo Pärt, dove le sezioni più acute parevano “dialogare” con quelle più gravi, in un contrappunto dissonante, che, quasi improvvisamente, diveniva di nuovo consonante. E anche a quelle degli Spiritual, quel mondo che riecheggia l’intensità spirituale con la gioia di chi esprime che nulla è mai finito, che tutto continua, e che la vita è sempre meraviglia. E, forse, la musica stessa ne è un propulsore.
Come bis, spazio anche a Rutter, con le sue armonie che conducono verso nuove prospettive armoniche, per poi ritrovarsi di nuovo nelle strutture classiche, con qualcosa in più dentro di noi.
Infine, come detto, si finisce come si è iniziato, con la Musica che si sposta verso l’ingresso della chiesa, come un eco più lontano. Per lasciare poi il posto ad uno scroscio di applausi, sicuramente sentito.
Una serata che difficilmente si dimenticherà presto. Un’esperienza musicale che è stato bello vivere e assaporare. Grazie, quindi a Daniele Invernizzi, da anni instancabile e appassionato organizzatore della Rassegna Organistica, in grado di proporre sempre qualcosa di nuovo, a don Lucio Galbiati, parroco di Barzio e anima anch’egli della Rassegna, e a tutti coloro che hanno collaborato perché l’evento potesse avere luogo. Grazie, ovviamente al Gruppo, alla cui direzione si sono alternati Magnalena Rovnakova e Gabriel Rovnak , al citato soprano Miriam Garajova e alla pianista Dana Hajossy, che ha dimostrato di cavarsela molto bene anche all’organo.
E, ovviamente, ai ragazzi del Coro. Che, con la loro grandissima passione e il loro impegno, dimostrano che fare Musica è bello, e gettano, visto la giovane età luminose prospettive verso il suo futuro.